Con la chiusura degli impianti sciistici almeno fino al 5 marzo, sul turismo invernale è definitivamente calato il sipario. Punto e a capo, direbbe qualcuno. Già, ma per ripartire da dove? Difficile pensare che all’alba dell’ingresso della primavera (21 marzo) ci sia ancora un margine di tempo per invertire il trend negativo che ora va avanti da tanti, troppi, mesi. Il danno economico è enorme e probabilmente irreparabile. Il turismo, più in generale, è dato in vertiginosa perdita anche durante l’anno corrente.
Secondo le previsioni dell’Isnart-Unioncamere, per il primo trimestre del 2022 si stimano perdite per 7.9 miliardi di fatturato rispetto al 2019. Come spiegato, il dato è frutto di un’analisi che tiene conto di limitazioni negli spostamenti tra le regioni e anche verso l’estero. Solo tra gennaio e marzo 2021 ci sarà una riduzione del 60% dei flussi italiani e dell’85% di quelli internazionali. Il problema degli spostamenti è primario. L’assenza di viaggi incide su ogni settore della vita economica del paese: mezzi pubblici, ristoranti, bar, tavole calde, pizzerie, alberghi, b&b, shopping, musei, intrattenimento, e moltissimo altro ancora, generano un movimento economico imprescindibile per qualsiasi realtà urbana.
“In un contesto così complesso è fondamentale ripensare il modello organizzativo del settore, per sviluppare forme di turismo orientate alla produzione di valore, migliorando la qualità dell’offerta e aumentando i servizi forniti dai singoli operatori e dai territori: una scelta che presuppone anche nuovi modelli di analisi”, ha spiegato Roberto Di Vincenzo, Presidente di Isnart, l’Istituto di ricerche turistiche di Unioncamere