E’ naufragata dopo poco più di 24 ore l’idea, per molti insana, della Superlega. Non c’è dubbio sulle ragioni pragmatiche che hanno mosso il coinvolgimento delle 12 élite del calcio europeo. Questioni di business, perché per quanto se ne possa dire, ci sono grandi imprenditori dietro la scrivania degli uffici ai primi piani del football internazionale. Dall’annuncio della nuova formula che avrebbe coinvolto la nobiltà di Italia, Spagna ed Inghilterra, la Juventus ha vissuto un’altalena finanziaria in piena regola. Dopo il balzo delle azioni a +17,85% a 0,91 euro, con 1,22 miliardi di euro di capitalizzazione, il crollo del 13,70% a 0,75 euro, alla chiusura di ieri, dopo il fallimento del progetto di cui Andrea Agnelli si era fatto promotore.
Il salto nel vuoto per le 12 incriminate del momento era quanto mai necessario per attingere a nuove formule di ristoro, specie alla luce della perdita netta aggregata di 737 milioni di euro nella stagione 2019-2020. Bilanci in pronto rosso, aggravati dai mancati ricavi legati all’emergenza Covid. La Superlega e il rifornimento in cassa offerto da Jp Morgan & Co non erano davvero di facile rinuncia. Quel che pare assurdo è che 12 delle società di calcio più importanti al mondo non abbiano considerato il fronte comune che si sarebbe venuto a creare. Ecco allora che c’è chi ipotizza possa essere stata una provocazione per allargare la fetta delle risorse mese a disposizione dall’UEFA nelle competizioni europee.
“Questa cerchia ristretta ha commesso un errore grave, un errore direi strategico. La tempistica. Non era questo il momento di annunciare una tale novità. Il loro stesso progetto non era pronto. I tempi non erano maturi. – basti pensare che hanno parlato di 15 soci fondatori e ne risultavano solo 12 – Ho il dubbio che tutta questa situazione in qualche modo servirà per raggiungere altri obiettivi, legati alle attuali concessioni dell’UEFA negli ambiti dei tornei, e alle disposizioni in termini di diritti televisivi. Non posso pensare che personaggi d’alto rango finanziario come quelli coinvolti nella Superlega abbiano fatto dietro front con tanta facilità o che non si aspettassero una reazione unanime di dissenso”.
Leggi anche: Superlega, attacco frontale all’UEFA: le banche hanno dichiarato guerra al mondo del calcio
E’ quanto dichiarato da Ezio Memmo, presidente LND Abruzzo, contrario ai valori che hanno mosso i club ad aderire al disegno della Superleague. “Un ritorno agli antichi egizi, quando il tempo e la vita erano scanditi dalle caste. Inaccettabile. Sono anni che parliamo di riformare il mondo del calcio. Questo genere di iniziativa va esattamente nella direzione opposta. Non vengono salvaguardati i valori dello sport. Si finisce solo col rendere più ricchi i ricchi e più poveri i poveri. Qualcuno è destinato a non sopravvivere. Mi aspetto conseguenze, dimissioni, cambiamenti”.
La nuova lega si è sgretolata ai colpi della platea. La reazione dura, in blocco, non è arrivata solo dal mondo sportivo. La politica ha fatto il suo. “Il muro alzato contro queste società è stato una dimostrazione di forza da parte di chi è coinvolto nella presentazione di questo sport. La politica ha capito che uno scenario come quello paventato dalla Superlega avrebbe sminuito i valori del calcio e messo in crisi l’intero tessuto nazionale. Il centro sud avrebbe alimentarsi ulteriormente il dislivello con le realtà del nord Italia. Avremmo avuto una nazione a due velocità e questo non poteva essere concepibile. ma non solo. Avremmo perso le identità nazionali. Avremmo visto cambiare per sempre le chiacchiere da bar, gli sfottò. Il danno peggiore l’avrebbero subito i ragazzi che sognano un futuro ai più alti livelli del calcio e che vedono l’apice nella maglia della Nazionale. Cogliamo al volo quest’occasione e facciamo in modo che ne venga fuori qualcosa di buono”.