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Stop dell’Italia alla vendita di armi in Arabia Saudita ed Emirati. Marchesi (Amnesty International Italia): “Azione di rottura”

Antonella ValentebyAntonella Valente
9 Febbraio 2021
in Dossier
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Per la prima volta dopo 30 anni dall’entrata in vigore della legge 185 del 1990 sull’export di armi, l’Italia revoca definitivamente l’export di bombe verso Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti utilizzati nella sanguinosa guerra dello Yemen. Una decisione storica, commentano le maggiori organizzazioni a difesa dei diritti umani tra cui Amnesty International, in quanto vengono fermate definitivamente le forniture autorizzate negli ultimi anni degli ordigni utilizzati nello Yemen.

“Si tratta di un’azione importante e di rottura al solo confronto con la relazione di qualche giorno fa – commenta ad AZ Informa Antonio Marchesi, ex presidente di Amnesty International Italia e professore di Diritto Internazionale all’Università degli Studi di Teramo – La revoca riguarda un certo numero di licenze che erano state rilasciate subito dopo l’avvio del conflitto e mira a sopprimere l’export di ordigni utilizzati contro la popolazione civile in violazione dei diritti umani.”

Grazie a questa risoluzione votata dalla Commissione Esteri della Camera lo scorso 22 dicembre e recepita dall’esecutivo alla fine del mese di gennaio, il Governo uscente si stima abbia bloccato l’invio di circa 12.700 bombe prodotte dalla Rwm di Domusnovas attraverso la revoca di autorizzazioni in corso per l’esportazione di missili e bombe d’aereo verso Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti.  Una decisione che pone fine, una volta per tutte,  alla possibilità che migliaia di ordigni fabbricati in Italia possano colpire strutture civili, continuare a causare vittime tra la popolazione o possano contribuire a peggiorare la già grave situazione umanitaria nello Yemen. Un atto che, soprattutto, permette all’Italia di essere più autorevole sul piano diplomatico nella richiesta di una soluzione politica al conflitto.

Secondo quanto appreso dalla Rete italiana pace e disarmo, il provvedimento riguarda almeno sei diverse autorizzazioni già sospese con decisione presa nel luglio 2019, tra le quali la licenza MAE 45560 decisa verso l’Arabia Saudita nel 2016 durante il governo Renzi (relativa a quasi 20.000 bombe aeree della serie Mk per un valore di oltre 411 milioni di euro).

“Non ci troviamo di fronte ad una misura simbolica o una sanzione economica – continua Marchesi – ma ad uno stop definitivo di bombe che, è stato accertato, sono utilizzate per violare i diritti umani. Ne siamo a conoscenza tramite un lavoro di tracciabilità che nel corso degli anni ha compiuto anche Amnesty International insieme, ad esempio, alla ricercatrice Donatella Rovera che rintracciava le origini delle armi, attraverso matricole o ricostruzioni dei percorsi, che, esplodendo, avevano provocato vittime civili. Si è giunti a questo punto anche grazie ad una svolta importante nei rapporti tra Stati Uniti e Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. La comunità internazionale ha assunto un atteggiamento diverso rispetto al conflitto nello Yemen, terribile dal punto di vista degli effetti sulla popolazione civile, e rappresenta una cosa positiva se lo scopo è cercare di limitare i danni o fermare anche il conflitto. L’amministrazione americana precedente, invece, non ha avuto tale atteggiamento, anzi il commercio delle armi è sempre stato florido”.

Non si tratta però di un embargo totale, in quanto il commercio delle altre armi continua anche con altri paesi. Per questo non si può non far riferimento all’ Egitto con cui l’Italia continua a detenere rapporti commerciali importanti, anche con riguardo al settore delle armi.

“Con riferimento all’Egitto ci sarebbe da fare un discorso diverso visto che viola sistematicamente i diritti umani non solo degli egiziani ma anche, nel caso Regeni, degli italiani. E’ oggettivo che c’è una controversia in corso – conclude l’ex presidente di Amnesty International Italia – l’Egitto non si è dimostrato affatto collaborativo e il minimo che si potrebbe fare sarebbe limitare l’invio di armi dall’Italia, ma non perché Giulio Regeni sia stato ucciso attraverso una delle armi esportate ma per dare una segnale di rottura e impartire una sanzione economica. Invece da un lato si chiede ‘verità e giustizia per Giulio Regeni’ dall’altro però l’Egitto è considerato, nel gergo diplomatico, un partner ineludibile con cui mantenere i rapporti commerciali. Fra poco inizierà il processo e speriamo che i giudici abbiano elementi sufficienti per poter emettere una condanna in contumacia. Ecco perché un provvedimento simile, come quello del 29 gennaio scorso, risulta importante, in quanto va contro una tendenza più o meno costante”.

Lo stop all’invio di missili e bombe d’aereo verso Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti non può da solo far cessare la guerra in Yemen ed alleviare le sofferenze di una popolazione stremata da conflitto, carestia e malattie, ma può costituire un passo necessario a creare le precondizioni per la Pace.

Leggi anche: Giovani: non solo disoccupazione, preoccupano la scarsa conoscenza delle lingue e dell’hi tech

Tags: amnesty internationalantonio marchesibombediritti umanievidenzaexportyemen

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Antonella Valente

Antonella Valente

Laureata in Giurisprudenza e Giornalista Pubblicista dal 2018, nel 2019 si abilita alla professione di Avvocato

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