A parole siamo tutti genitori moderni, poi nei fatti molti ragazzi vanno in crisi perché colgono le tante, troppe aspettative “subliminali” che inviamo loro. Come evitarle e liberare il loro futuro.

A sentire quel che si dice in giro, sembra che l’antica mentalità dei genitori che ripongono sui figli adolescenti grandi aspettative e chiedono loro di percorrere destini di studio e di lavoro già prestabiliti, siano ormai cosa del passato.
Alla prima occasione tanti genitori si dichiarano “moderni e aperti”; sostengono di essere, per i loro figli, innanzitutto degli amici con cui ridere e condividere e, spesso, sostengono di non chiedere niente, ma di desiderare solo “di vederli felici”. Poi però, negli studi di psicoterapia, si presentano molti ragazzi e ragazze incagliati in sintomi psichici e psicosomatici in crisi esistenziali del tutto simili a quelle di qualche decennio fa.
In pratica, pur nella diversità del contesto, gli schemi che producono il malessere sono gli stessi: un conflitto insanabile con i genitori legato al futuro e allo studio: se continuare a studiare oppure no; quale tipo di studio; quale andamento scolastico; quali prospettive alla luce dei risultati. Ma il risultato vero è che i figli si bloccano, o nello studio o nella vita, con una matassa di malessere che si complica sempre più.
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Un ragazzo che si blocca nello studio e risulta insensibile a qualsiasi stimolo, sta mandando un messaggio chiaro e deciso, che ruota intorno al concetto di rifiuto. Rifiuto per un modo di studiare che, così come viene vissuto, ha evidentemente perso senso. O perché accade sotto la spinta di una nostra aspettativa silenziosa ma rigida, che li fa sentire osservati, giudicati e gestiti (cose che i ragazzi di oggi non sono disposti ad accettare); o perché è lontanissimo da come oggi i ragazzi cercano la conoscenza, comunicano tra loro e sviluppano interessi (cioè innanzitutto online). O entrambi gli aspetti.
Quindi, anche se dispiace e talora irrita vederli così demotivati, in realtà in molti casi è il sintomo sano di un’opposizione a modalità percepite come estranee e superate. Allora, invece di combattere il blocco, riconosciamo che ha un senso, e chiediamo loro di individuare delle proposte alternative. E aiutiamoli a delineare una nuova via o un nuovo metodo.
A cura del Dottor Mauro Acierno – Psicologo Clinico, Esperto in Psicologia dell’Emergenza e Psicotraumatologia.