La polemica, divenuta caso nazionale nel giro di poche ore, si è scatenata nella giornata di ieri. All’origine la segnalazione di Ferruccio Sansa, ex candidato alla presidenza della Regione Liguria, circa un documento diffuso dalla Asl 5 di Liguria. Una sorta di elenco con 30 classi di soggetti con comportamenti a rischio contagio Covid, tra le quali quella oggetto di querelle.
Con il codice numero 10 la categoria comprendente tossicodipendenti, prostitute ed omosessuali. Ecco allora l’oggetto di denuncia da parte di Sansa. Un documento inammissibile in primis sotto il profilo medico.

La Regione Liguria ha immediatamente provveduto alle scuse.
“Si ritiene che si tratti di un errore inaccettabile e discriminatorio. Il presidente Toti ha dato immediatamente mandato alla Asl5 di ritirare quella comunicazione e agli uffici preposti di avviare subito un’indagine interna per individuare le responsabilità e adottare i relativi provvedimenti disciplinari”.
Alla base della sciagura semantica vi è un copia-incolla dalle linee guida inviate lo scorso ottobre 2020 alle Regioni dal ministero della Salute, in chiave vaccinazioni. Se questo può valere da giustificazione per la Asl ligure, non si può dire lo stesso per il ministero. La colpa non si elimina, si sposta.
“Non hanno potuto far altro che spiegare l’errore con uno sbaglio di copiatura. – Ha spiegato il Primario del reparto di Malattie Infettive del San Salvatore dell’Aquila, Alessandro Grimaldi – Non esiste alcuna ragione medica per la quale inserire gli omosessuali in una categoria a rischio. Tra i comportamenti che favoriscono il contagio non distinguiamo la natura dei rapporti sessuali”.
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E proprio in riferimento a quanto spiegato dal Dottor Grimaldi, possiamo estendere la stessa logica anche alle prostitute e ai tossicodipendenti. Per cui l’intera categorizzazione ad opera del ministero è da considerarsi priva di fondamento.
“Potremmo evidenziarne l’aspetto del contatto sociale, un contatto ravvicinato, ma non più di quanto accada tra eterosessuali. – Ha incalzato Grimaldi – Potremmo ritrovare situazioni di “vicinanza” in ambito lavorativo, piuttosto che legate alla nostra quotidianità sociale. Ma in alcun modo la sfera intima di una persona omosessuali la classifica maggiormente a rischio rispetto ad altri”.
La diatriba linguistica avrebbe potuto e dovuto essere evitata. Accendere i riflettori su una ipotetica discriminazione di genere non aiuta in tempo di emergenza.
“Probabilmente è stata ripresa una classificazione di rischio in relazione ad altre patologie veneree, come l’HIV o la Sifilide. Un errore che ha trovato immediata risposta da parte di chi l’ha commesso, oltre alle scuse nei confronti di quanti si siano sentiti offesi”. Ha concluso il Primario del San Salvatore.