“Arrivano i mesi freddi, con essi torna la paura, il terrore del virus. Il caldo aveva placato l’ansia vissuta lo scorso aprile. Io, mio marito e mia madre, non ancora vaccinati, fummo facilmente aggredibili dal mostro. Un mostro che ci rende inermi, senza dolore. Ci uccide”.
Ognuno ha i propri, i mostri. Cambiano col tempo, si evolvono. Questo, invece, disturba il sonno di tutti. Maria Vittoria si è vista al tappeto sotto il colpo a ferire del Covid.
La sua quotidianità è fatta di condivisione. E’ la farmacista del comune di Morino e per questo è un punto di riferimento per l’intera comunità. Ne conosce la storia, le difficoltà. Quando è stata lei ad aver bisogno di aiuto, quella comunità l’ha inondata di affetto, le ha avvolto un abbraccio collettivo attorno alla schiena e le ha dato la forza per non abbattersi. Ha trascorso settimane su un letto dell’ospedale civile di Avezzano cercando di sopravvivere. Ha potuto solo guardare i volti oltre il vetro, immaginare le voci nel lungo silenzio, cercare dentro di sé il sostegno degli altri. Ricoverata il 12 aprile nel reparto di Malattie Infettive e trasferita in subintensiva due giorni dopo, fino al 4 maggio. Dimessa dal presidio solo il 10 maggio, ha patito una polmonite interstiziale da Sara Covid 2 con insufficienza respiratoria grave, trattata con ossigeno ad alti flussi.
Il giorno del ricovero
“Varco la soglia di un mondo surreale, occhi che ti guardano e ti incoraggiano a combattere. Io ho la consapevolezza che non ne uscirò viva. Ho salutato mio marito, sperando di poterlo rivedere, e mia figlia lontana, senza farle capire la preoccupazione e il vuoto doloroso”. Maria Vittoria ricorda così i momenti che l’hanno condotta dentro l’incubo. Allora non sapeva quando e se sarebbe riuscita ad uscirne.
Al SS Filippo e Nicola di Avezzano, nel reparto dedicato all’unità sub intensiva inaugurato ad aprile e attivato nell’ambito delle misure anti-Covid, viene garantito l’isolamento del paziente, le cui condizioni sono continuamente monitorate per mezzo delle specifiche tecnologie sanitarie. Suo marito Francesco, anch’egli contagiato e costretto al presidio avezzanese, sottoposto alle cure monoclonali somministrate dalla dottoressa Mariani, è riuscito a superare la malattia in pochissimo tempo.
“Il mio ricovero fu il momento in cui mi allontanai dal mondo. Ero circondata da mucchi di tute bianche. Chi vi fosse dentro non saprei. Provavo ad immaginare i volti ascoltandone le voci. Davanti a me erano tutti uguali. Mi guardavano, mi fissavano. Hanno vissuto la mia paura, i miei momenti più duri. Hanno provato, combattuto, diretto e collaborato. Alla fine hanno vinto, e io con loro. Nei lunghi giorni del ricovero in molti non ce la fanno. Ancora oggi mi chiedo perché io sono viva, altri invece no. Io ho avuto la fortuna di sopravvivere, di rinascere, di poter amare ancora. Ho ricevuto una seconda possibilità di vita che metterò al servizio degli altri, più di prima. Ho potuto riabbracciare mio marito, mia figlia, mia madre e tutte le persone a me care, che mai mi hanno lasciata sola”.
La sua personale battaglia è finita, la guerra non ancora. Maria Vittoria guarda al dopo-Covid come ad un nuovo futuro da costruire, fatto di ostacoli, di ferite. Pensa al fare squadra come ad un modo di agire necessario e intelligente. “Dobbiamo vaccinarci perché il vaccino è lotta! Il Covid ci ha spogliato dei costrutti personali, delle nostre rappresentazioni mentali. Aspetto il giorno in cui metteremo da parte le mascherine e torneremo a vederci sorridere”.
Il grazie all’équipe che ha combattuto con lei
Prima di ammalarsi, con l’esplodere della pandemia, ha avuto paura di infettarsi e, di conseguenza, di contagiare la sua famiglia. Nonostante ciò, ha continuato a lavorare nella sua farmacia, sotto la pressione del virus, facendo orari assurdi. Di quelle file di persone in attesa ricorda il silenzio. Spaventava, infettava, uccideva. Maria Vittoria era fiera di potersi rendere utile.
Durante il ricovero pensavo alla mia gente, alle difficoltà che avrebbero potuto soffrire a causa della mia assenza. Poi ho cominciato a sentire le loro preghiere. Le ho ricevute tutte. Questa è una battaglia senza tempo e senza tregua. Affidiamoci alle persone che hanno il potere di salvarci. Rispettiamo le linee guida senza lamentarci e convinciamoci del fatto che grazie al vaccino, solo grazie al vaccino, riusciremo a vincere. Concedetemi infine un ringraziamento pubblico all’équipe e agli specialisti che mi hanno curato, che si sono presi cura di me. Voglio dire grazie alla responsabile Rosaria Coletta e ai medici Silvia Costanzi, Antonella Ventresca, Marzia Mammola, Cesidio Cambise, Martina Castellani, Katia Martini e Federica Zepponi. Il mio grazie va poi al personale infermieristico che con professionalità, dolcezza e simpatia mi ha trasmesso l’energia e la forza per reagire, mi ha incoraggiata nel terribile periodo del ricovero. Grazie a tutti loro, grazie per avermi salvato la vita“.