Che cosa resterà dell’esperienza del tele-lavoro? Come inciderà sullo sviluppo del lavoro a distanza e che lezione possiamo trarne per il futuro?
Il Covid-19 ha accelerato una tendenza già in atto da tempo, ma con una grossa differenza: se prima il telelavoro era una scelta preparata e concordata, che in genere cercava di coniugare le preferenze dell’azienda con quelle del lavoratore, in questa circostanza è stata una decisione forzata dall’emergenza. “Più che di smart working o di lavoro agile, per il lockdown del 2020 è più corretto parlare di lavoro da casa forzato, una modalità probabilmente mai sperimentata ne studiata prima”, dice Monica Molino, assegnista di ricerca e docente a contratto di psicologia del lavoro all’università di Torino.
Quindi abbiamo avuto da un lato un’opportunità unica di studiare il telelavoro su grande scala, dall’altro una serie di condizioni anomale. Di punto in bianco ci si ritrova a lavorare da casa 5 giorni su 5, mentre di norma ci si prepara meglio e lo si sperimenta con gradualità, qualche giorno a settimana. In più sono stati eccezionali la paura e le altre emozioni negative di questi mesi, e la convivenza forzata con i familiari. Tutte cose che incidono anche su come si lavora. Non è detto quindi che quanto osservato in passato valga pari pari per l’esperienza del lockdown, né che questa sia pienamente indicativa del futuro.

Un grande vantaggio del telelavoro, mostrato da molte ricerche, è che aumenta la produttività. Alcuni studi hanno dimostrato che la flessibilità aumentava la produttività dei lavoratori, riducendo i giorni di congedo richiesti e accrescendo il rispetto delle scadenze e la concentrazione, e migliorava il loro benessere e l’equilibrio tra lavoro e vita personale, incrementando il sonno e aumentando del 5% la soddisfazione dichiarata per la propria vita in generale, e dell’8% quella per la vita sociale.
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Qualcosa ovviamente si perde, soprattutto nelle interazioni con i colleghi e gli altri interlocutori. E questo può inficiare, per esempio, la creatività. Le ricerche mostrano infatti che nei team virtuali c’è meno ricchezza comunicativa e, sebbene il brainstorming di gruppo possa funzionare online anche meglio che dal vivo, la creatività individuale perde quegli stimoli dati dalle frequenti interazioni di persona. Con una comunicazione meno fluida, inoltre, i conflitti e i problemi di coordinamento diventano più facili a inasprirsi e più difficili da gestire.
Nel tempo, i lavoratori rischiano di perdere la percezione del senso del proprio lavoro e dall’appartenenza all’organizzazione. E non solo: la socialità è importante anche perché favorisce cosiddetti comportamenti X tra ruolo, cioè quei comportamenti discrezionali che vanno oltre quanto ci si aspetta strettamente da un lavoratore in base alle sue mansioni, ma aiutano a far funzionare meglio l’organizzazione.