Immaginiamo una normale scena quotidiana: siamo in fila al supermercato, non abbiamo fretta, attendiamo semplicemente il nostro turno. Quand’ecco, a un certo punto, che cominciamo a sentire di essere preda di una forte tensione interna. Ci ritroviamo in uno stato di allerta ma, a livello cosciente, non percepiamo alcun motivo per essere in questa condizione. Allora ci chiediamo: “come mai sono così teso?” e cerchiamo di ripercorrere quello che dobbiamo fare durante la giornata o i vari problemi da affrontare, ma nulla ci sembra così grave da giustificare questa strana forma di angoscia. Stiamo infatti parlando di un sintomo piuttosto frequente che possiamo definire “paura senza motivo apparente”. E va sottolineata la parola apparente proprio perché, in realtà, un motivo c’è anche se non si percepisce. Se non riusciamo a trovare l’origine del sintomo, è bene indagare i modi e i tempi con cui questa ansia si manifesta.
In diversi casi può trattarsi di un disagio che ricorre in alcune fasi della nostra vita, per poi mollare la presa e andarsene. Se ci troviamo in uno di questi periodi di malessere, è facile che si manifesti in momenti in cui la coscienza si risveglia a se stessa, come ad esempio di primo mattino: appena aperti gli occhi, abbiamo la palpabile sensazione che qualcosa di brutto, che non conosciamo, stia per succedere, e così il nostro corpo si attiva per farvi fronte, con sintomi come tachicardia o palpitazioni, respiro affannoso, fame d’aria, tensione muscolare, come se dovessimo prepararci di fronte a un pericolo imminente. In questo caso è probabile che l’origine del malessere si trovi in qualche contenuto del nostro inconscio che sottovalutiamo e al quale non diamo peso. “Non è possibile che una cosa così poco significativa mi dia tali disturbi”; e invece è proprio questo non dargli peso e lasciarla relegata nell’inconscio a farla crescere velocemente.
Dobbiamo quindi tenere nella giusta considerazione le cose che ci accadono, senza andare avanti come se niente fosse, perché se restano non elaborati si faranno comunque sentire alla coscienza. Alcuni vivono per molto tempo in uno stato generale di tensione che trova le sue radici in situazioni negative che siano si sono protratte a lungo. È come se la persona si fosse abituata a convivere col proprio sintomo. Molto spesso i motivi risalgono ad atmosfere di precarietà o di costante allerta vissute nell’infanzia o nell’adolescenza, durante le quali, per lungo tempo, ci si è dovuti a adattare a vivere la realtà in condizioni sempre incerte, “allarmate” per così dire. Ma viene da chiedersi: perché tutto ciò deve farsi poi sentire quando siamo adulti? Per rispondere a questa domanda bisogna fare attenzione ai momenti precisi in cui l’ansia si manifesta: si tratta spesso di situazioni in cui ci rilassiamo ci troviamo in uno stato di ritmo rallentato rispetto alla frenesia quotidiana dei pensieri e delle azioni. E proprio quando non dobbiamo più preoccuparci, anche solo per una serata o per brevi momenti, di agire ed essere attivi, nel nostro sistema psichico si apre una sorta di varco attraverso il quale possono filtrare le emozioni più profonde. Succede che l’individuo, non avendo mai potuto mollare la presa sulla realtà perché doveva controllare tutto ciò che accadeva, anche quando potrebbe non farlo continua a controllare, a prevenire, a gestire.
Viene messo in atto un controllo attivo e costante anche se, ormai, non serve più. la tentazione di trovare una soluzione facile immediata può portarci a fare ricorso a psicofarmaci, che però schiacciano soltanto il sintomo, impedendoci di cogliere il messaggio che sta cercando di trasmetterci. La manifestazione emotiva, infatti, contiene in sé una grande possibilità di salvezza: se ascoltata e affrontata, può trasformare il disagio un’occasione di crescita, risoluzione di antichi temi irrisolti, e quindi portare benessere. Essere in salute è un concetto che ha in sé un duplice significato: la parola salus, infatti, in latino significa sia salute che salvezza. Salvezza da una condizione di malessere. Perciò se noi zittiamo il sintomo, faremo sì che esso cerchi altri modi per esprimersi, che quasi certamente sarebbero ancora più intensi e fastidiosi, proprio per segnalarci con vigore che qualcosa non va, anche se cerchiamo di ignorarlo ed eliminarlo. Schiacciare il sintomo vuol dire, in molti casi, trasformarlo in attacchi di panico, che sono decisamente più impetuosi e inabilitanti.
E quando invece ha dovuta ad un trauma nascosto? Di fronte a un evento negativo extra ordinario, forte e magari improvviso alcuni di noi reagiscono con un atteggiamento di negazione o banalizzazione, messo in atto per proteggersi dalla sofferenza che esso porta con sé. Così la persona pensa di poter andare avanti come se niente fosse, ma ben presto il trauma chiederà di essere preso in considerazione ed elaborato perché non può restare a lungo trascurato come se non esistesse. Nel caso di un trauma non riconosciuto, esiste solitamente un cosiddetto periodo di latenza della durata di circa sei mesi o un anno, durante il quale pare che riesca a rimanere silente dentro di noi. Ma dopo tale periodo, la richiesta di essere elaborato diventa più urgenti e così la psiche viene allertata attraverso manifestazioni che ci stanno dicendo: < devi renderti conto che qualcosa è accaduto>. A quel punto diventa necessario fermarsi un attimo dalla vita attiva quotidiana ed entrare finalmente in contatto con le emozioni legate a quell’evento. Soltanto guardandolo è possibile superarlo e smettere di vivere in uno stato di allarme e di disagio.