Circa due milioni e mezzo di italiani soffrono di disturbi d’ansia. Lo afferma l’istituto superiore di sanità, e stando a un’indagine condotta dall’associazione “liberi dal panico e dall’ansia” quasi 10 milioni di persone nel nostro paese hanno avuto, almeno una volta nella vita, attacchi di panico. Sono numeri importanti, che testimoniano la presenza di un’epidemia secondaria, che si insinua al fianco del Covid-19: è quella del disturbo da panico, un problema devastante, soprattutto se non trattato adeguatamente. Sono tante le persone che non ricevono terapie e un supporto idoneo. Le ragioni non risiedono nella mancanza di strumenti diagnostici o terapeutici, che anzi abbondano e sono efficaci, quanto nello stigma che ancora circonda i problemi della salute mentale, insieme ai ridotti investimenti della sanità del settore. Inaspettatamente, forse, proprio la sfortunata occasione della pandemia potrebbe aiutarci a iniziare ad abbattere il muro dello stigma. Perché ricevere aiuto non solo è possibile, ma dovrebbe essere un diritto per tutti.
Questo disturbo, noto da più di 50 anni, è descritto nel manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-5), una grande guida utilizzata per diagnosticare e classificare tutte le patologie della psiche. Rientra fra i disturbi d’ansia ma non deve essere confuso con l’ansia generalizzata, con la fobia sociale e con altre fobie specifiche, rispetto a cui presenta precise differenze. In particolare, nel disturbo da panico devono essere presenti almeno quattro di questi sintomi fisici: palpitazioni – anche intense come battito cardiaco violento e sensazione di cuore in gola – sudorazione, tremori, sensazione di mancanza d’aria o soffocamento, dolore o fastidio al petto, nausea o dolore addominale, sensazione di vertigini o capogiro, senso di derealizzazione, paura di perdere il controllo o di impazzire, paura di morire, parestesie, brividi o vampate di calore.

L’attacco di panico è un evento acuto di ansia, che dura da pochi secondi fino a mezz’ora e oltre, anche se perlopiù raggiunge il culmine nel giro di alcuni minuti virgola in media circa 10, e che si riconosce solitamente dal rilievo di molti dei sintomi citati e dal fatto che l’ansia e l’evitamento delle situazioni non possono essere meglio spiegati dalla presenza di un’altra patologia legata alla salute mentale, come il disturbo d’ansia generalizzato. Al contrario, se si hanno pochi sintomi, soprattutto se più attenuati e protratti nel tempo, la persona potrebbe soffrire di un altro disturbo d’ansia o semplicemente di sintomi ansiosi. Ultra disturbo da panico classico, poi c’è quello associato ad agorafobia, vale a dire la paura degli spazi aperti, ampi e affollati. In questo caso gli attacchi di panico si manifestano spesso in situazioni in cui per la persona risulta difficile oppure imbarazzante allontanarsi. Qualche esempio? scenari di questo genere sono frequentissimi: dai mezzi pubblici al l’automobile fino all’ aereo, dallo stare in piazza, a teatro o al cinema, dai negozi allo stare fuori casa da soli. Queste e altre situazioni possono diventare dei trigger, degli interruttori dell’ ansia virgola che preparano il terreno per l’attacco di panico, ma spesso l’attacco può presentarsi anche quando la persona è a casa e perfino mentre dorme, svegliandola bruscamente, caso in cui non c’è alcun legame con i sogni. L’ultimo scenario conferma la presenza di elementi fisiologici nel disturbo da panico, oltre che psicologici, che contribuiscono alla patologia.
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Una ricerca francese, pubblicata sulla rivista L’Encéphale nell’agosto 2020, ha analizzato i meccanismi con cui lo stress associato alla pandemia potrebbe contribuire alla comparsa del disturbo da panico. A rischio, secondo gli autori, sarebbero soprattutto le persone che tendono ad avere attacchi di panico con sintomi respiratori, come fiato corto e sensazione di soffocamento. Le ragioni di questo collegamento sono varie. Intanto questi pazienti tendono a controllare eccessivamente la respirazione e altri segnali del proprio corpo. Questo controllo aumentato, unito all’ ansia del pensiero che la fanno è un sintomo comune anche al COVID-19 e all’uso frequente della mascherina, potrebbe favorire l’insorgenza di un attacco di panico con sintomi respiratori. Ma anche l’isolamento prolungato può peggiorare l’ansia. Il blocco delle attività potrebbe rinforzare comportamenti disfunzionali, come l’evitamento della vita sociale. All’inizio la persona obbligata a stare a casa a causa del lockdown può sentirsi sollevata, ma al momento della ripresa della vita lavorativa e relazionale il rientro in società potrebbe risultare ancora più difficile. E il rischio è una recrudescenza del disturbo da panico, soprattutto di quello associato ad agorafobia.