Avere troppi progetti crea solo confusione mentale. La dispersività può rendere impossibile costruire
Ognuno di noi ha idee, progetti, obiettivi e il modo di porsi nei confronti di questi varia da persona a persona. Ma quando sono progetti naturali, non indotti dall’esterno, dall’ambiente familiare e sociale, se nascono e si sviluppano senza sforzi e senza troppi pensieri, spesso si realizzano e con essi si realizza il destino della persona, come da una ghianda nasce una quercia. Ad alcune persone, però, succede una cosa diversa: iniziano più progetti, a ripetizione, disperdendo così le proprie risorse su più fronti e non riuscendo a portare a termine nessuno di questi. Sono persone che, solitamente, intraprendono una strada con grande entusiasmo ma poi subiscono, con la stessa facilità, la fascinazione di altre proposte e aggiungono queste al progetto iniziale. In questa situazione nessun progetto riesce, perché per realizzare un risultato che si desidera fortemente serve dedizione psichica ed energetica. Ma a cosa è dovuto questo atteggiamento?
Per alcuni è una difficoltà nell’organizzazione mentale del tempo, nell’attenzione che dedicano alle cose, soprattutto quelle pratiche. Altri hanno scarsa consapevolezza sia delle risorse da poter mettere in campo, sia dei propri limiti, energetici e di attenzione. Per cambiare questo atteggiamento è fondamentale focalizzare quale aspetto disfunzionale prevalga nella gestione dei progetti. Un fattore può essere il lasciarsi facilmente distrarre dai progetti altrui: venire a conoscenza di ciò che stanno realizzando gli altri può distoglierci dal nostro focus personale, magari perché inizialmente ci appare più interessante o semplicemente perché sposta i nostri pensieri su altro. Tornare centrati su noi stessi può essere complicato se ci allontaniamo troppo. I progetti degli altri sembrano davvero più vincenti e avvincenti del nostro? Sono più facilmente realizzabili? Ci spostano la mente su altri argomenti del tutto diversi dal nostro?

Sono domande che dobbiamo porci per verificare se qualcosa in noi stia vacillando, mettendo a rischio la riuscita dell’intenzione. Fermarsi per qualche momento e riprendere fiato ritrovando maggiore lucidità può essere molto utile. Una volta ritrovato il senso di quanto stiamo facendo, tornerà anche l’entusiasmo e la consapevolezza del valore che ha per noi. Nel portare avanti un progetto ha un ruolo fondamentale quella che in psicologia viene detta “costanza d’oggetto”: consiste nella comprensione, già da parte del bambino, che le persone continuano ad esistere anche quando non si trovano in quel momento nel campo visivo, acustico o tattile. Quando diventiamo adulti tale consapevolezza si estende anche alle cose astratte e diventa la dinamica psicologica alla base del senso di sè, delle relazioni e dei propri progetti. Non sempre, però è facile mantenerla costante. In questo deficit di attenzione conta molto il fatto che nel mondo di oggi siamo rapiti da molte più cose di quanto ne possa contenere la nostra mente. Ma il nostro progetto esiste anche quando non stiamo lavorando su di esso, e ha importanza per noi a prescindere dai momenti di crisi e di difficoltà. Se non ci sentiamo in grado di farcela da soli, possiamo farci aiutare da qualcuno che, non essendo coinvolto quanto noi, ha la possibilità di vedere da fuori la nostra difficoltà e fornirci qualche paletto di sostegno per proseguire. Nel profondo di noi sono presenti innumerevoli coppie di opposti. Si può dire che, per ogni sentimento o pensiero, esista anche il suo contrario.
Gli opposti che più ci interessano, in questo caso, sono il coraggio e la paura: il coraggio ci fa intraprendere un progetto magari anche complesso o impegnativo, ci dà la spinta iniziale, l’energia propulsiva per cominciare, ma poi possono subentrare spinte inconsce di segno opposto. Man mano che si va avanti e che si entra nel cuore della cosa può farsi strada la spinta a non concludere quanto iniziato, una tendenza ad abbandonare ciò che si persegue. Alla base solitamente ci sono delle paure. Quella di fallire è forse la più frequente. Ma anche quella di doverci mettere molto impegno per un periodo prolungato può sabotare il nostro progetto, così come la paura di essere giudicati dagli altri e quindi mettere in dubbio il valore di ciò che stiamo facendo. Non ultimo è il timore di non essere poi capaci di mantenere il risultato raggiunto. Se vediamo che i nostri progetti spesso abortiscono, è importante quindi prima di tutto rendersene conto. Spesso si parla di non arrendersi, ma questo non vuol dire affatto andare avanti a testa bassa seguendo le modalità messe in atto fino ad ora, bensì permettersi di guardare le proprie paure, di riuscita o di non riuscita, così da disinnescare le crisi, fantasmi e demoralizzazioni che possono presentarsi sul cammino.