Non sempre il lavoro da casa mantiene la promessa di facilitare gli equilibri tra vita privata e professionale.
Durante la pandemia, con il lavoro in convivenza obbligata con i familiari e una vita tutta concentrata fra le mura domestiche, è spesso venuto meno un possibile vantaggio del telelavoro: il miglior equilibrio tra tempo ed energie per il lavoro, per la famiglia, e per sé stessi.
Molte indagini hanno infatti rivelato un aumento dei conflitti familiari e degli stress. E chi ne ha risentito di più, in Italia come in tanti altri contesti, sono state le donne. “Con scuole e ristoranti chiusi, magari il venir meno dell’aiuto domestico, aumentano le esigenze di lavoro familiare, che spesso ricadono in maggior misura sulle donne. E sono le donne a prendersi più spesso carico del benessere emotivo della famiglia” constata per esempio Tammy Allen, della University of South Florida, facendo il punto su “Occupational Health Science” nel 2020.
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L’Italia non fa eccezione, anzi: l’associazione di imprese Valore D, che si impegna per l’equilibrio di genere ha indagato su oltre 1300 lavoratori di imprese di ogni dimensione nel nostro paese, constatando che in lockdown una donna su tre lavorava più di prima e non riusciva, o faticava, a mantenere un equilibrio tra lavoro e vita domestica. Fra gli uomini il rapporto era di uno su cinque. Anche in condizioni normali poi, al di là del lockdown, si era visto che il lavoro da casa non sempre mantiene la promessa di facilitare gli equilibri tra vita privata e professionale. Quel che non dovrebbe essere scontato, rimarcano in tanti, è che di queste difficoltà, che riguardano un po’ tutti, debbano soffrire di più le donne.
“In Italia vale ancora la classica divisione stereotipica dei ruoli tra uomini e donne, nella cura dei figli e nell’aiuto ad altri familiari con esigenze. Anzi, la pandemia la ha anche accentuata, facendoci un po’ regredire rispetto ai tentativi di maggiore uguaglianza”, dice Monica Molino, assegnista di ricerca e docente a contratto di psicologia del lavoro all’Università di Torino. Senza dubbio, quindi, bisogna sviluppare sistemi di welfare che aiutino a conciliare lavoro e vita personale familiare. Non bisognerebbe, però, considerarli soluzioni ad hoc per le donne, ma fare in modo che non siano solo le donne ad aver bisogno di questi ausili.
Sicuramente quella in cui stiamo vivendo è un’epoca in cui sul mercato si scontrano due diverse visioni del mondo: quella che ignora l’istanza sempre più crescente in fatto di benessere collettivo dunque di inclusione, trasparenza, etica di impresa, in sintesi di sostenibilità, non percependo ancora alcun ritorno positivo da investimenti in questi ambiti. E quella che ci crede e si impegna a fondo pur temendo di venire punita dal mercato. È alla prima che mi rivolgo: è il tempo di cambiare! Se rimaniamo legati a pregiudizi e concezioni antiquate non riusciremo a cogliere le opportunità aperte dai grandi cambiamenti globali e rischieremo di andare a sbattere.
Articolo a cura del Dott. Mauro Acierno.