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L’esperto – Gli stadi del sonno, dalla veglia agli eventi emozionali

Valentina FortunatobyValentina Fortunato
31 Marzo 2021
in Gli esperti, Redazione
Reading Time: 7 mins read
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Il sonno è generalmente considerato uno stato, ma si tratta indubbiamente di un comportamento. Durante il sonno si possono riconoscere diversi stadi. Gli stadi da 1 a 4 sono definiti sonno NREM in particolare il 3 e 4, quest’ultimo detto sonno ad onde lente, più profondo.

I cicli di sonno REM e NREM si alternato in periodi di circa 90 minuti. Il sonno REM consiste in movimenti oculari rapidi, sensibilità alla stimolazione esterna, paralisi muscolare, attività genitali e sogni.

I RITMI CIRCADIANI

La maggior parte del nostro comportamento segue ritmi regolari. Lo stesso ritmo continuerebbe durante il giorno, come ciclo basilare di attività-riposo. E, naturalmente, il nostro alternarsi giornaliero di sonno e veglia segue un ciclo di 24 ore. Questi cicli sono generalmente chiamati ritmi circadiani. Questi ritmi sono controllati da meccanismi interni dell’organismo, cioè da orologi biologici del cervello. Per l’uomo il normale periodo di inattività comincia qualche ora dopo l’inizio della parte buia del ciclo giorno-notte e persiste per una quantità di tempo variabile, nella parte luminosa. Senza i benefici della moderna civilizzazione, probabilmente, si andrebbe a dormire prima e ci si sveglierebbe più presto più di quanto si è soliti fare; le luci artificiali ritardano il momento dell’addormentamento. Il principale orologio biologico sembra essere localizzato nei nuclei sovrachiasmatici dell’ipotalamo (NSC).

Il NSC e la ghiandola pineale controllano i ritmi annuali. Durante la notte, il NSC segnala alla pineale di liberare melatonina (ormone che regola il sonno).  

LE FASI DEL SONNO

È possibile studiare il sonno e le sue caratteristiche attraverso tre misure psicofisiologiche: 

–elettroencefalogramma (EEG), che registra l’attività elettrica dei neuroni della corteccia cerebrale mediante elettrodi posti sul cuoio capelluto.

–elettro-oculogramma (EOG), che registra i movimenti oculari tramite elettrodi applicati intorno agli occhi.

–elettromiogramma (EMG), che misura le scariche elettriche dei muscoli tramite l’applicazione di elettrodi in corrispondenza dei muscoli oggetto di studio.

La storia dello studio del sonno è abbastanza recente. Nel 1936 si scoprì che l’EEG presentava notevoli variazioni durante il sonno. Infatti, si alternavano delle onde ampie lente a onde rapide e di basso voltaggio, simili a quelle della veglia. Nel 1953 si scoprì che proprio in questi momenti in cui c’erano onde frequenti e a basso voltaggio, gli occhi dei soggetti si muovevano, al di sotto delle palpebre, con movimenti rapidi (rapid eyes movements). Questa fase del sonno prese il nome di sonno REM. Nel 1962 venne fatta un’altra scoperta relativa al sonno REM. In questa fase, infatti, si notava un blocco dell’attività dei muscoli facciali.

Durante una notte di sonno l’EEG di un soggetto mostra 5 stadi differenti:

•​STADIO 0: è la fase della veglia tranquilla. In una situazione di tranquillità e rilassamento.

•​STADIO 1: il soggetto si sta addormentando, è nella fase di dormiveglia. 

•​STADIO 2: questo stadio è detto anche sonno medio.

•​STADIO 3: È un sonno molto profondo dal quale è difficile risvegliarsi.

•​STADIO 4: questa è la fase più profonda del sonno.

IL SONNO REM E IL SONNO

Il sonno REM viene definito anche “sonno paradosso” in quanto in un organismo profondamente addormentato, l’attività della corteccia cerebrale è molto vicina a quella della veglia. Il consumo di ossigeno nel cervello cresce, aumenta il ritmo respiratorio e la pressione cardiaca, il battito cardiaco è meno regolare. Nonostante la mancanza di tono muscolare possono esserci delle contrazioni al livello delle estremità del corpo. Tutte queste caratteristiche hanno fatto pensare al sonno REM come legato ad eventi emozionali. Proprio sulla base di queste ipotesi sono stati fatti i primi esperimenti per indagare la relazione tra sonno REM e sogni.

Gli esperimenti si svolgevano risvegliando i soggetti durante le fasi di sonno REM. Effettivamente l’ipotesi fu confermata. Non solo chi veniva risvegliato ricordava dei sogni, ma questi risultavano molto più vividi rispetto a quelli che vengono (quando questo accade) ricordati al mattino. Questi esperimenti permisero di rilevare che ben nell’80% dei casi i soggetti ricordavano i propri sogni quando venivano risvegliati durante il sonno REM, rispetto al 7% che li ricordava dopo un risveglio

I RITMI NON CIRCADIANI 

Abbiamo finora parlato di ritmi circadiani, ossia ritmi con una durata di circa 24 ore. Esistono tuttavia altri fenomeni che si ripetono con frequenze diverse: i ritmi ultradiani nel caso di un periodo più breve e i ritmi infradiani nel caso di ritmi più lunghi. Un altro esempio sono i ritmi ormonali. Infatti la maggior parte degli ormoni nel nostro organismo sono prodotti e rilasciati in maniera pulsatile, e non costante. La ritmicità della secrezione ormonale è importante per la funzione degli ormoni stessi. Un classico esempio è quello dell’ormone della crescita (GH) che nell’uomo oscilla fra livelli di base molto bassi e picchi molto alti, mentre nella donna ha dei picchi più piccoli, ma livelli di base più elevati. Queste diverse modalità di secrezione di GH producono effetti fisiologici diversi ad esempio a livello del fegato, della crescita, e dello sviluppo della massa muscolare.

IL TIPO DI LUCE NOTTURNA PUO’ FAVORIRE I DISTURBI DELL’UMORE

A seconda del tipo di luce cui siamo esposti durante le ore notturne possiamo avere effetti diversi sull’organismo e la salute in generale, con particolare riguardo a quella mentale Uno studio ha cercato di stabilire quali fossero gli effetti dei diversi tipi luce a cui potremmo essere esposti durante le ore notturne o di sonno, scoprendo che proprio il tipo di luce ha effetti diversi sull’organismo, la salute e, in particolare, quella mentale. 

Se dunque la luce di notte è blu, bianca o rossa si hanno effetti diversi – così come se non vi è alcuna luce. Questo quanto scoperto dai ricercatori della Ohio State University che hanno condotto uno studio su modello animale, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Journal of Neuroscience.

Il professor Randy Nelson e colleghi della OSU hanno verificato gli effetti sull’umore di un gruppo di criceti da parte dell’esposizione notturna a luce blu, bianca, rossa o nessuna luce. Quello che è subito emerso era un’influenza in negativo maggiore circa l’umore da parte della luce blu, seguita da quella bianca. Per contro, la luce rossa ha mostrato di ridurre la sintomatologia legata ai disturbi dell’umore come la depressione, e ha altresì promosso modifiche a livello cerebrale. La soluzione ideale, tuttavia, si è mostrata soltanto nel caso della totale assenza di luce.

Secondo i ricercatori, questi risultati possono avere importanti implicazioni per gli esseri umani, soprattutto per coloro che lavorano nei turni di notte, rendendoli più vulnerabili ai disturbi dell’umore.

«I nostri risultati suggeriscono che se potessimo usare la luce rossa in modo appropriato per i lavoratori dei turni di notte, si potrebbero evitare alcuni degli effetti negativi sulla loro salute che invece si hanno con la luce bianca», spiega Nelson.

Lo studio si è concentrato sul ruolo delle cellule fotosensibili specializzate che si trovano nella retina. Queste non hanno un ruolo importante nella visione, ma rilevano la luce e inviano messaggi a una parte del cervello che aiuta a regolare l’orologio circadiano interno – che ha un ruolo fondamentale nel regolare i ritmi sonno/veglia.

Precedenti studi avevano mostrato come queste cellule sensibili alla luce inviino anche informazioni a quelle parti del cervello che svolgono un ruolo nella modulazione dell’umore e delle emozioni.

«La luce di notte può influire sulle parti del cervello che ricevono i segnali circa la regolazione dell’umore durante le ore del giorno, quando non dovrebbero – sottolinea la dottoressa Tracy Bedrosian, coautore dello studio – Questo può essere il motivo per cui la luce di notte sembra essere legata alla depressione in alcune persone».

«I test comportamentali e i cambiamenti nella struttura del cervello nei criceti suggeriscono entrambi che il colore della luce può giocare un ruolo chiave sull’umore – aggiunge Nelson – In quasi ogni misura che abbiamo osservato, gli effetti sui criceti esposti alla luce blu sono stati i peggiori di tutti, seguiti da quelli con l’esposizione alla luce bianca. Mentre il buio totale era la condizione migliore, la luce rossa non era così male come le altre lunghezze d’onda che abbiamo studiato».

L’abitudine moderna di esporsi prima di andare a letto, o in camera da letto, alla luce emessa da TV, computer, tablet e cellulari ad esempio, secondo i ricercatori può anche essere motivo di perturbazione dell’umore.

«Se avete bisogno di una luce di notte in bagno o in camera da letto, può essere meglio averne una che emana luce rossa piuttosto che luce bianca». Ma alla fine, se possibile, il buio totale è sempre la scelta migliore – meglio ancora se seguito dall’arrivo della luce naturale al mattino.

Tags: evidenzafasi sonnogli stadi del sonnoipotalamonremremritmi circadianistadi sonnoveglia

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Valentina Fortunato

Valentina Fortunato

Dottoressa in Psicologia Clinica e della Salute

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