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L’esperto – Generazione Z, è importante saper dire “no” ai propri figli

Dott. Mauro AciernobyDott. Mauro Acierno
12 Settembre 2021
in Gli esperti
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È essenziale educare i bambini a distinguere tra bisogni, da soddisfare senza indugi, e desideri, da coltivare con pazienza e realismo. Ma le pubblicità subdole non aiutano

Nessun genitore lascerebbe entrare un venditore nella stanza dei bambini, eppure ogni giorno una pletora di venditori e influencer, grandi e piccoli, raggiungono i bambini dentro casa, attraverso gli schermi. Particolarmente insidiosi sono gli influencer bambini in cui i giovani spettatori sono indotti a identificarsi. E così molti genitori finiscono per acquistare dei prodotti anche se erano restii. Chiedendo ad un gruppo di genitori per quale motivo cedessero alle richieste dei figli anche se contrari furono date queste risposte: perché smetta di fare i capricci; per sfinimento; per non farlo sentire diverso dai compagni; per coccolarlo, farlo contento, assecondarlo.

Alcuni genitori hanno difficoltà a tollerare i malumori dei figli, fino a sentirsi in colpa se negano loro qualcosa. “È lui che comanda quando faccio la spesa, e se non compro ciò che vuole alza la voce e batte i piedi in pubblico”, si lamenta una madre. Ma se un bambino non si confronta di tanto in tanto con il divieto e con la frustrazione non uscirà mai dall’illusione di onnipotenza tipica dei più piccini. Infatti, se nelle prime fasi della vita è importante nutrire la sensazione che il mondo è capace di rispondere ai propri bisogni, è però altrettanto importante che in seguito quello stesso mondo aiuti a uscire dall’illusione che gli altri debbano essere a completa disposizione. Ciò è indispensabile per poter prendere posto all’interno di una rete di scambi, regole e norme condivise e per imparare che a volte è necessario attendere, che non si può avere tutto subito.

Uno degli obiettivi dell’educazione è di aiutare i bambini e i ragazzi a trovare un compromesso tra il principio del piacere e il principio di realtà, come la direbbe Freud. Chi è abituato a vedere esaudito ogni desiderio si sente forte e onnipotente nell’immediato, superiore e capace. Dietro questa facciata si nasconde però una fragilità destinata a emergere alle prime difficoltà. In agguato c’è anche il rischio di dipendere in tutto e per tutto da chi <deve> assolvere ai propri desideri e di non riuscire così ad autogestirsi. Si diventa egocentrici, narcisisti ma anche manipolabili. I piccoli tiranni sono dispotici ma fragili. Sta all’educatore mettere un limite al tutto e subito, anche se ciò può creare proteste e malumori. Il che non significa, ovviamente, adottare un metodo educativo dispotico; bensì lasciare ai bambini e ai ragazzi la libertà di soffrire un po’, di annoiarsi qualche volta, di imparare a reggere la frustrazione, apprezzare gli sforzi, imparare a posticipare e a esercitare la volontà. L’attesa ha aspetti formativi. Mentre si attende si fantastica su ciò che si desidera.

Per i bambini ciò rappresenta anche un modo di vagare con l’immaginazione, fare ipotesi, prefigurare soluzioni, anticipare scenari possibili. Insomma, un sano esercizio della mente. Un modo per comprendere la differenza tra bisogni e desideri. Vediamo qualche esempio concreto. I bambini hanno bisogno di latticini per crescere ma non dell’ultimo yogurt al pistacchio con incluso, nella confezione fluorescente, un sacchetto di caramelle colorate e zuccherate che danneggiano i denti. I bambini hanno bisogno di scarpe comode con cui poter correre e giocare, non di un paio di scarpe della marca più cara che c’è sul mercato. I bambini hanno bisogno della presenza dei genitori, non che la mamma si sdrai accanto a loro tutte le sere fino a quando non si addormentano. E via discorrendo. I bisogni fondamentali dei bambini vanno senz’altro soddisfatti.

Per fortuna, però, il loro numero è limitato: bisogno di cibo e di calore, bisogno di amore e di protezione, bisogno di conoscenza, di riconoscimento, di autonomia e di gioco. Tutti i genitori degni di questo nome soddisfano naturalmente i bisogni dei loro figli senza particolari problemi. I desideri in sé non sono cattivi, ovviamente. Il bambino che desidera qualcosa fa lo sforzo di esprimersi e cerca di trovare la via per ottenere ciò che vuole. Il desiderio è una tentazione che lo spinge in avanti e lo obbliga a superarsi, a dare il meglio di sé. Ma quando i suoi desideri vengono sistematicamente anticipati da qualcun altro o dalla pubblicità, egli non fa alcuno sforzo. I bambini di oggi crescono in una società che li tenta in continuazione. Gestire i desideri è diventato difficile. Come uscire da questo impasse? Un primo passo consiste nel differenziare i bisogni dei desideri.

Al bambino si spiega che i suoi bisogni saranno ampiamente soddisfatti. Ha dei desideri? Benissimo. Un desiderio è un progetto che si iscrive nel tempo. È fatto per essere sognato, immaginato, descritto. Qualche volta lo si può soddisfare; non sempre subito o nella forma in cui viene espresso. Bisognerà poi anche cercare di ridurre l’impatto delle pubblicità, oggi prodotte in quantità industriali, minimizzando i messaggi che ogni giorno li raggiungono proponendo loro ogni tipo di prodotto – dai giocattoli all’automobile di famiglia – attraverso bambini attori in cui loro possono riconoscersi e identificarsi.

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Dott. Mauro Acierno

Dott. Mauro Acierno

 Psicologo Clinico / Esperto in Psicologia dell'Emergenza e Psicotraumatologia

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