La paura è un’emozione che svolge una delle funzioni più importanti per la sopravvivenza dell’individuo, poiché lo avverte dei pericoli e lo predispone ad una risposta adeguata, quando tuttavia diventa un ostacolo per una risposta funzionale o impedisce la possibilità di una buona qualità di vita, diventa patologica. Le fobie, cioè paure verso oggetti, situazioni o persone esagerate rispetto all’entità del pericolo oggettivo secondo una valutazione emotiva di entità non condivisa dal gruppo di appartenenza socioculturale, sono tra le condizioni psicopatologiche più comunemente riscontrabili nella popolazione generale.
Molte persone sperimentano l’emozione della paura ed i correlati fisiologici corrispondenti in presenza o in vicinanza di oggetti o situazioni che non costituiscono un pericolo reale, anche disponendo di tutte le informazioni necessarie a giudicare l’oggetto o la situazione temuti, come non pericolosi. La reazione psico-fisica della paura induce il soggetto a evitare l’oggetto fobico e a vivere ogni confronto con lo stesso con una reazione di paura intensa. Se è vero che esiste una sproporzione tra il pericolo oggettivo rappresentato dallo stimolo fobico ed il vissuto del soggetto fobico, bisogna sottolineare che la rappresentazione mentale dello stimolo/situazione fobica induce una reazione di disagio che giustifica di per sé l’attuazione di comportamenti difensivi. Ciò che dunque induce i comportamenti difensivi anticipatori è la rappresentazione mentale dell’oggetto e della situazione fobica e la reale sensazione di disagio.

L’elemento intrinsecamente connesso alle fobie è rappresentato dall’ansia anticipatoria, cioè dallo stato emotivo di attesa del danno, che induce lo sviluppo di un disagio psicofisico soggettivo che a sua volta conduce il soggetto a mettere in atto una serie di comportamenti protettivi verso questa attivazione sgradevole. Quindi se è vero che l’oggetto della paura in sé stesso, razionalmente analizzato, non rappresenta una minaccia alla integrità psico-fisica del soggetto, l’oggetto della paura diviene soggettivamente fonte di disagio e malessere psico-fisico in quanto in grado di attivare l’ansia anticipatoria. L’oggetto fobico viene quindi combattuto non tanto per il pericolo costituito dall’oggetto stesso quanto per il pericolo costituito dalle sensazioni di malessere da lui indotte.
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I comportamenti fobici si caratterizzano dall’egodistonicità della paura, che viene percepita dal soggetto come qualcosa di strano, di non consono a sé, ingiustificato. I comportamenti fobici sono manifestazioni di paura patologica che sul piano razionale mutuano dalla emozione originaria somiglianze in termini fenomenologici, in quanto ne riproducono il pattern di attivazione simpatica/parasimpatica, ma non ne conservano il significato di adattamento. A differenza della paura fisiologica, pertanto, nel caso della paura patologica un eventuale comportamento di evitamento non è funzionale ai fini della sopravvivenza dell’individuo, ma ha la funzione immediata di attenuare l’ansia anticipatoria sia soggettivamente esperita a livello emotivo che nei suoi correlati fisiologici. I comportamenti fobici, non solo non hanno una funzione adattiva per la sopravvivenza dell’individuo, ma spesso ne compromettono la qualità di vita e vengono considerate come disfunzionali dal soggetto stesso. Inoltre, spesso la presenza di reazioni fobiche impedisce o rende più difficoltose attività che il soggetto desidererebbe intensamente svolgere, come quella della socializzazione nel caso della fobia sociale, o visitare paesi tropicali per chi ha la fobia dei ragni, mentre in altri casi il comportamento fobico è incompatibile con le necessità della vita quotidiana, come fare commissioni importanti per chi ha paura di uscire di casa.
Le fobie sono quindi intense paure irragionevoli ed inappropriate nei confronti di uno specifico stimolo esterno. Caratteristiche principali di questo fenomeno psicopatologico sono la sproporzione della paura nei confronti della situazione da affrontare; la natura invasiva di queste paure e l’ineliminabilità delle stesse con argomentazioni razionali; la consapevolezza della irragionevolezza o per lo meno della esagerazione insita in queste paure; la constatazione dell’intensa reazione ansiosa indotta dall’esposizione allo stimolo fobico e la conseguente tendenza all’ instaurarsi di comportamenti di evitamento. Quindi quando un paziente riferisce che lo stato ansioso e/o la paura non gli permettono di affrontare situazioni, luoghi o persone, costringendolo ad evitarle nonostante non esistano motivazioni razionali che li giustifichino, bisogna sospettare la presenza di un fenomeno fobico. Spia della necessità di approfondire l’indagine semeiologica nella direzione della presenza di un fenomeno fobico nasce dal disagio del paziente che riferirà di non essere stato in grado di sfruttare occasioni offerte dall’ambiente esterno (relazioni sociali, opportunità lavorative) oppure un peggioramento della qualità del funzionamento del paziente nella gestione dell’interazione con l’ambiente esterno (rapporti interpersonali, attività di gestione della famiglia, attività lavorative).

Mentre l’ansia patologica è caratterizzata dall’esperienza reale e concreta di sensazioni psico-fisiche ansiose, la fobia nasce dall’idea o rappresentazione mentale della stessa come anticipazione/previsione dello stato di ansia o disagio indotto dalla situazione temuta. Il comportamento di evitamento è quindi indotto dall’anticipazione mentale delle conseguenze di un contatto con lo stimolo fobico. La fobia conduce di frequente all’instaurarsi di comportamenti di evitamento e/o dipendenza verso persone, oggetti o pensieri che inducono sicurezza nonostante oggettivamente non siano in grado di fornire una protezione reale nei confronti della fobia.