Nel maggio 2021 è stato avviato il ritiro dall’Afghanistan delle ultime truppe statunitensi e della coalizione NATO. In concomitanza con il ritiro però, le forze talebane hanno iniziato a lanciare attacchi in diverse aree del Paese, riconquistandone la parte settentrionale. Il 15 agosto scorso i talebani entrano anche nella capitale Kabul, prendendone potere. Portandoci su un’analisi di carattere umanitario, si ritiene che in Afghanistan ci siano stati 1,5 milioni di persone che hanno sofferto per fame, mentre 7 milioni e mezzo sono sofferenti per il risultato della grave situazione generale del Paese: la guerra civile, la carestia legata alla siccità, l’oppressivo regime talebano e l’invasione a guida statunitense. Ma la guerra, purtroppo, non è solo questo.
I bambini in guerra sono duramente colpiti sia fisicamente sia psicologicamente dal contesto di violenza in cui vivono. L’esposizione ad armi da fuoco, esplosioni e bombardamenti minaccia la loro vita, la loro infanzia e il loro futuro. La vera entità del problema non è pienamente conosciuta, ma le frammentarie informazioni presenti sul tema fotografano una situazione drammatica, in cui i bambini pagano sempre il prezzo più alto. Nel caso in cui bambini o adolescenti siano sottoposti ad amputazioni, spesso rischiano di avere problemi anche a livello sociale, educativo ed economico. Inoltre, i bambini hanno più probabilità di subire ferite alla testa, incluse commozioni cerebrali, perdita dell’udito e danni alle cellule nervose. Senza un’adeguata riabilitazione possono rimanere fortemente danneggiati anche in età adulta.

Assistere agli orrori e alla violenza del conflitto può trasformarsi in tormento e ossessione, come accade anche per i tanti bambini siriani terrorizzati dal rumore di ogni aereo. Di conseguenza, aumentano i rischi di essere vittima di violenze come quelle sessuali, domestiche, di genere, atti di bullismo, sfruttamento, come il lavoro minorile, e pericolo concreto di essere arruolati in gruppi armati. Senza dimenticare, poi, che le ingiustizie e le vulnerabilità già esistenti in periodi di pace si inaspriscono durante la guerra.
Afghanistan, la paura del futuro
Si radica fortemente la paura del futuro. Il domani è di difficile interpretazione per i bambini in guerra e questo è, indubbiamente, fonte di stress e ansia. I pensieri che occupano le loro menti sono “la guerra può non finire”, “posso perdere i miei genitori, i miei fratelli, i miei parenti ed amici”, “posso non avere più cibo”. La sovraesposizione allo stress e la prolungata attivazione del naturale sistema di risposta dell’organismo possono avere una serie incommensurabile di conseguenze negative sulla salute mentale dei minori, dalle quali riprendersi, anche per un adulto, non è facile. Esposti ad un’ampia gamma di emozioni innescate dalla sindrome dello stress post traumatico vivono nel terrore che l’esplosione avvenga nuovamente, con la preoccupazione costante per l’incolumità delle persone significative o il timore di essere separati dai propri cari, paura di morire.
E poi, ancora, possono provare disagio per le ferite e i cambiamenti fisici, come inadeguatezza, rabbia, vergogna, ansia. Altre reazioni comuni conseguenti allo stress post traumatico dei bambini in guerra sono i disturbi del sonno e alimentari, difficoltà di concentrazione o confusione, incubi notturni, incapacità a stringere rapporti sociali o provare rabbia e assumere atteggiamenti aggressivi. I disturbi e il malessere psicologico provocati da tutti questi fattori possono influenzare lo sviluppo e il comportamento, oltre che il benessere generale e, se non adeguatamente trattati in tempo, rischiano di diventare problemi permanenti, ovvero “ferite” difficilmente rimarginabili in età adulta. Per questo, sono necessari interventi sul campo il prima possibile che garantiscano cure, protezione e sicurezza (www.savethechildren.it).

Infatti, lo sviluppo sociale ed emotivo di ogni bambino è legato ad una presenza costante e attenta degli adulti. Oltre ad essere separati dai propri familiari o, nei casi peggiori, rimanere orfani, c’è il rischio che i bambini possano essere “abbandonati” anche dagli operatori umanitari per interruzione delle attività della rete di sostegno oppure per problemi psicologici degli stessi. In situazioni del genere, anche gli operatori possono subirne le terribili conseguenze, pregiudicando così la capacità di fornire l’adeguata assistenza al bambino. Così i minori si ritrovano soli, sofferenti e esposti ancor di più ai rischi di sfruttamento, rapimento e/o arruolamento nei corpi armati.
A livello sistemico generale, tutti gli Stati dovrebbero prevenire e mitigare l’impatto della guerra sui bambini rispettando le leggi e gli standard internazionali; perseguendo quanti compiono violazioni e crimini contro i bambini; supportando azioni pratiche per proteggere i bambini in guerra e assicurare l’accesso alle cure e all’assistenza. Nonostante la raccomandazione del Segretario Generale delle Nazioni Unite di non utilizzare armi esplosive nelle aree abitate, nonostante la dichiarazione congiunta di 50 paesi che esprime preoccupazione proprio su questo punto, le armi continuano a causare danni irreversibili sui civili. Molto ancora deve essere fatto dagli Stati per costruire consapevolezza e accordi politici su questo problema al fine di prendere provvedimenti concreti per proteggere bambini e civili dall’impatto delle guerre, dal momento che sembra impossibile fare a meno di quest’ultima.