Uso o abuso? E’ questo il nodo. La querelle che ha investito il comparto vinicolo rischia di riversare su un settore chiave dell’economia italiana una gaffe in buona parte concettuale. Il caso si monta attorno alla pubblicazione del “Cancer Plan” dell’Unione Europea, il documento che riscrive la black list dei cibi e degli elementi nocivi alla salute.

Da Bruxelles è giunto un alert destinato, tra le altre, alla produzione delle etichette italiane. E non solo. Il piano operativo per la lotta al cancro potrebbe implicare un taglio sensibile ai fondi per la promozione di vini. Immediata e dura la reazione dell’UIV, l’Unione Italiana Vinicola: “Così la Commissione europea azzera un settore da 1,3 milioni di addetti e simbolo della dieta mediterranea”.
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Non sono mancati i commenti al vetriolo. Si è parlato di campagna di demonizzazione del settore, tanto che la Commissione Europea, attraverso la voce del suo vice presidente, Margaritis Schinas, ha dovuto sottolineare come “L’Unione Europea non ha alcuna intenzione di proibire il vino, né di etichettarlo come una sostanza tossica”.
Di fatto, però, la bevanda di Bacco compare nello speciale elenco nero compilato dalla Commissione, la cui volontà sarebbe quella di introdurre l’obbligo di etichettare i prodotti con una lista degli ingredienti ed una dichiarazione nutrizionale. Poi, entro il 2023, anche avvertenze per la salute sulla confezione, piuttosto che sulla bottiglia. Un po’ come accade per i pacchetti di sigarette.

I produttori italiani restano alla finestra, col diktat della probabile revisione della tassazione sugli alcolici e la decurtazione delle risorse per la promozione. Alla base della polemica, la considerazione attribuita al vino quale alcolico da dipendenza o da abuso. Non è stato considerato l’attributo di accompagnamento ai pasti, né tanto meno lo speciale valore nutrizionale nel contesto della dieta mediterranea.
L’Italia è leader nel mondo per la propria produzione vinicola. Nel 2020 sono stati vendemmiati oltre 46 milioni di ettolitri, con destinazione per il 70% a vini Docg, Doc e Igt, e per il restante 30 % ai vini da tavola. A gravare sul settore già la pandemia da Covid, e in particolare il fermo delle attività ristorative. Si stima che la perdita di fatturato, nell’arco temporale dei 12 mesi, si aggirerà attorno ai 3 miliardi di euro.