LA GRAVIDANZA PUO’ ALIMENTARE PATOLOGIE PATERNE
Per molto tempo il padre è stato considerato come una figura di autorità e di disciplina, dedito al sostentamento socio-economico e alla sicurezza della famiglia. È stato visto come responsabile della protezione della diade madre-bambino e del sostegno alla madre durante l’accudimento. Inoltre il padre è stato definito “terzo relazionale”, con il compito di mediazione nella diade per ampliare l’universo psichico del bambino o anche mediatore con il mondo esterno, per poter presentare il mondo al bambino. Dunque la figura della madre rimaneva la principale, se non l’unica, responsabile dei rapporti affettivi, del clima emotivo familiare e della cura dei figli.
A partire dagli anni ’70 questo rigido modello del padre ha subito un profondo cambiamento, si è iniziata ad affermare l’importanza di entrambe le figure genitoriali. In quest’ottica la relazione padre-figlio viene riconosciuta come un vero e proprio legame di attaccamento, indipendente e alternativo a quello che il bambino costruisce con la madre, un’ulteriore spinta alla trasformazione del ruolo del padre si deve al diffondersi di modelli familiari a “doppia carriera”, ovvero dove entrambi i partner sono impegnati in attività lavorative. Questo ha determinato necessariamente una progressiva negoziazione dei ruoli genitoriali e una modifica delle funzioni tradizionali assolte da ciascun membro della famiglia.

La progressiva trasformazione del ruolo del padre e il crescere dell’investimento paterno nel ruolo genitoriale, ha fatto si che negli ultimi anni molti autori si siano dedicati allo studio delle caratteristiche paterne e in particolare l’attenzione degli studiosi si è focalizzata sugli effetti che la partecipazione del padre nelle cure ha sul bambino stesso e sulla diade madre-bambino.
PATOLOGIE PATERNE SPESSO TRASCURATE, MA UGUALMENTE PERICOLOSE
Mentre i disturbi psichici collegati alla maternità sono conosciuti a causa della sofferenza che provocano, i disturbi paterni vengono invece considerati nell’opinione corrente con una certa ironia e sufficienza a causa del diffuso pregiudizio che gli uomini sono comunque superiori ai travagli affettivi.
Le reazioni patologiche alla paternità sono invece abbastanza frequenti e possono assumere, soprattutto nei loro aspetti psicotici, forme cliniche particolarmente evidenti. E’ ovvio che la manifestazione patologica dipende da un concorrere di fattori, fra i quali, in primo piano, la vulnerabilità del soggetto. Da un punto di vista psicologico è possibile distinguere nel padre, come nella madre, livelli diversi di coinvolgimento conflittuale nel processo della genitorialità, la cui maggiore o minore ampiezza è strettamente collegata alla storia personale del soggetto ed alla organizzazione delle sue difese. Tali conflittualità possono assumere differenti espressioni cliniche.
LA SINDROME DELLA COUVADE
Assumere la funzione paterna può indurre quindi nell’uomo una serie di difficoltà diverse che possono dar luogo ad esempio alla cosiddetta “sindrome della couvade”, definita sia come pseudomaterna, in cui l’uomo mette in atto una simulazione del parto che ha lo scopo di alleviare i dolori della partoriente, e sia dietetica, con lo scopo di preservare la salute del bambino.
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La couvade è quindi un fenomeno di natura difensiva, una modalità che alcuni uomini utilizzano per esprimere i conflitti derivanti dalla consapevolezza della paternità, con tutte le responsabilità che ciò comporta, con le paure rispetto alla propria capacità di allevare un bambino e al futuro della relazione di coppia con la compagna.

Si potrebbero manifestare delle modalità comportamentali definibili come “Acting della paternità”, che sono il frutto di conflitti collegati al sentimento di esclusione e alle conseguenti ostilità dell’uomo verso la sua compagna. Ne vengono individuate tre categorie cliniche: delle lotte dove si notano atteggiamenti aggressivi, oppure delle fughe come evadere da casa. Si è poi osservato anche un cambiamento riguardo l’attività sessuale della coppia, come l’interruzione dei rapporti sessuali durante la gravidanza motivata soprattutto dal timore di danneggiare il bambino. Altri tipi di psicopatologie sono la depressione e le psicosi, soprattutto quest’ultime sono crisi psicotiche acute e sono caratterizzati dalla presenza di deliri di gelosia o di tradimento. Al momento della nascita del primo figlio, spesso desiderato come completamento di un’immagine adulta di sé, questi uomini sono costretti ad affrontare il confronto con la figura paterna, fino a quel momento evitato.
CAVALCARE L’ONDA DELL’ISTINTO
Affrontare la gravidanza e mettere al mondo un figlio, per i genitori, è un vero e proprio salto nel vuoto. È lasciare il territorio del certo per l’incerto, diventare genitore non è certo qualcosa che si improvvisa, né una tappa da raggiungere con superficialità o innocenza, ma è senz’altro una fase che necessita una componente fortemente irrazionale ed emotiva. Gli uomini si sentono tendenzialmente inadeguati ad entrare in contatto e affermare le proprie emozioni, e questo probabilmente perché educati da generazioni a non accedere al proprio bagaglio emotivo.
La verità è che prevedere l’avvento della genitorialità e le trasformazioni che ne conseguono può spaventare, bloccare, farli sentire inadeguati, e questo perché non sempre dotati di competenze emotive. O anche perché maneggiate con incertezza e titubanza, poiché di importanza fondamentale per entrare nel territorio della paternità e viverlo con gioia e soddisfazione. Per essere padre, un uomo deve fare due cose contraddittorie: essere forte e determinato e, al contempo, tenero.
Articolo a cura di Valentina Fortunato, Dottoressa in Psicologia Clinica – 389 6846085– vale.fortunato1990@gmail.com