In un mondo frenetico, in cui conta la prestazione, persino la convalescenza fa paura. Ci si sente in dovere di ripartire subito, soprattutto in questo momento storico dove il Covid-19 la fa da padrone. Invece fermarsi è un atto fondamentale per l’equilibrio tra corpo e psiche. Scopriamo perché.

Per guarire ci vuole tempo. Un tempo variabile a seconda della malattia e della sua intensità chiamato convalescenza. Gli animali già conoscono questa preziosa, indispensabile fase del processo di guarigione: non escono dalle tane fino a quando non è compiuto.
Nella società umana, soprattutto negli ultimi decenni, il concetto di convalescenza è andato sempre più affievolendosi: la coscienza collettiva è tutta protesa al fare, al rincorrere e, in caso di malattia, al “tornare a funzionare” il prima possibile. È stato il funzionalismo esasperato, indotto dai ritmi della produttività moderna e dalle ansie della precarietà lavorativa ed economica, a rimuovere la convalescenza dai diritti inalienabili di ogni persona.
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Oggi non è raro che ci si ritrovi a lavorare da casa quando ancora ci si sta ristabilendo, sapendo che, se ci si rifiuta, l’ambiente lavorativo potrebbe diventare ostile. Ma la perdita della convalescenza come strumento e fase della guarigione non è soltanto indotta dall’esterno: tante persone non hanno alcuna voglia di stare ferme per non più di qualche giorno, fremono per tornare attive e non danno alcun valore ai tempi necessari al corpo (o alla psiche) per completare le operazioni di “ripristino”.
C’è chi dice che la convalescenza sia per i deboli, chi la considera una perdita di tempo, chi pensa che equivalga a una scusa per non fare niente (una sorta di pigrizia). Fermarsi per occuparsi di sé, in molti casi, viene ignorato o eseguito malissimo, anche in età scolastica: bambini e ragazzi, ad esempio, che tornano a scuola troppo presto dopo una forte influenza (spesso spinti dai genitori che non sanno dove metterli perché devono lavorare), esponendo se stessi al rischio di ricadute e i compagni alla possibilità di contagio.

Un corpo che non può permettersi convalescenza è un corpo che si indebolisce progressivamente; che aumenta le sue possibilità di sviluppare ricadute o altre patologie; che stressa i propri sistemi endocrino, nervoso e immunitario; è un “corpo-macchina” che, come tutte le macchine troppo abusate, finisce per logorarsi più in fretta. Convalescenza deriva dal latino: “cum valeo”, che significa “sto bene nell’insieme”.
E il segreto è proprio nel termine “insieme”: permettere all’insieme del corpo e della mente di ritrovare l’armonia complessiva. In fondo la convalescenza esprime in modo evidentissimo la psicosomatica del nostro essere, cioè la sua sincrona connessione, di senso e di funzione, tra le parti, e la necessità, per una vera guarigione, che l’intera persona sia pronta ad affrontare nuovamente la realtà.