Avezzano. Lo scorso 5 marzo il presidente della regione Abruzzo Marco Marsilio firmava una nuova ordinanza, di sostituzione delle precedenti n.11 e n.12, con cui tra le altre cose, prevedeva la riapertura delle scuole abruzzesi, quelle primarie e secondarie, al 15 marzo. La precedente ordinanza di chiusura delle scuole era stata firmata lo scorso 27 febbraio e sarebbe entrata in vigore, come è stato, il 1 marzo. La decisione non fu accolta positivamente tanto che fu anche impugnata davanti al Tar.
Oggi però a parlare sono i genitori di migliaia di ragazzi che dal 1 marzo sono tornati a frequentare la scuola “a distanza”, soprattutto in una città e in una zona che non stava, almeno nelle settimane precedenti, vivendo le criticità che invece possono interessare una zona rossa come quella dichiarata nel chietino e nel pescarese. E proprio per questo motivo nei giorni scorsi molti genitori si sono riuniti in comitati proprio con l’unico scopo di farsi sentire e cercare di capire la motivazione, anche con base scientifica, che ha riportato i propri figli a seguire ore di lezione davanti ad un computer.
Porta la data di oggi, 12 marzo, la lettera aperta indirizzata al presidente Marsilio del Comitato “Abruzzo A Scuola”, sez. di Avezzano, che fa parte della rete “Scuola in Presenza“, che raggruppa al momento oltre 20 comitati e associazioni di genitori, insegnanti e studenti di tutta Italia che già da mesi stanno collaborando e si stanno impegnando a favore della scuola. “Quasi 40.000 aderenti e sostenitori che hanno a cuore il futuro del Paese”, si legge nella loro nota.

Da un lato l’assenza di una struttura di sostegno per le famiglie degli studenti, in particolare modo i più piccoli, costretti alla didattica a distanza. Dall’altro il disagio delle classi studentesca nel tenere vivo l’apprendimento e rendere proficuo l’insegnamento. I bambini perdono il filo. Faticano ad approcciare al mondo scolastico. Smarriscono il senso del contatto. Imparare per loro non è solo un processo di ascolto. E’ tatto e profumi, musica e socializzazione.
A distanza di un anno dallo stravolgimento del concetto di “didattica“, le famiglie fanno ricorso al dialogo con le istituzioni per controvertere quello che ormai è un modus operandi.
“Signor Presidente, ci rivolgiamo a Lei in un giorno importantissimo per tutti gli abruzzesi e non solo, quello della delicata decisione in merito al proseguimento o meno della didattica a distanza nella nostra Regione.
Le ultime due settimane essa ha coinvolto anche i bambini della Scuola Primaria, con un’ordinanza assolutamente inaspettata che ha colto tutti di sorpresa. Sorpresa dovuta non solo alla modalità e al momento della sua comunicazione e quindi diffusione, ma anche all’assoluta incomprensione delle motivazioni. Io stessa sono un’insegnante, presso il Liceo Pollione di Avezzano, e non ho colto il nesso vaccinazione-chiusura scuole, giacché eventuali effetti collaterali del vaccino sui docenti possono presupporre supplenze e sostituzioni nelle classi in cui il docente sia assente.
Ciò che però ha lasciato maggiormente perplessi è che in tempi più difficili per la nostra sanità, e penso in particolar modo all’ospedale di Avezzano nello scorso autunno, le scuole erano aperte in buona parte, in zona rossa e in presenza già di variante inglese.
Attualmente siamo tutti un po’ confusi, genitori, insegnanti, studenti. Tra questi ultimi i bambini sono quelli che stanno pagando il prezzo più alto. Oltre a seguire i mei studenti in Dad, seguo mio figlio di sei anni che sta lavorando nella stessa modalità e, Le assicuro, in modo niente affatto sereno. Questo aspetto purtroppo è comune a molti bambini, come mi è stato confermato da tantissimi genitori.
Nella nostra palese sofferenza di insegnanti, genitori, lavoratori in genere, ci siamo sforzati di capire le motivazioni delle Sue ordinanze e dei vari Dpcm del governo, le abbiamo rispettate come cittadini degni di questo nome. Abbiamo anche cercato di capire perché le scuole vengono reputate le principali responsabili di un aumento dei contagi, quando studi di portata internazionale, quali quelli della Prof.ssa Gandini, dimostrano scientificamente che così non è. È uno sforzo nella ricerca, però, che pochi citano o considerano. La prova, nel nostro territorio, è forse il fatto che nello scorso autunno, nelle scuole aperte, non abbiamo subito un numero consistente di contagi. In caso contrario sarebbero state, ovviamente e giustamente, chiuse immediatamente.
Con la presente Le chiediamo di riflettere su questa nostra opposizione a considerare la DAD come strumento serio d’istruzione a tutti i livelli. E soprattutto Le vorremmo chiedere di adoperarsi con tutte le Sue preziose energie per far valere, presso tutte le principali autorità che ci governano, la nostra idea di fondo: la necessità di una Scuola in Presenza anche nei momenti difficili, già vissuti lo scorso autunno senza chiusura delle scuole, almeno nella Marsica o in altri territori. Nessuno ci può dire, se e quando, questa pandemia finirà, se e quando ne arriveranno altre, se e quando cambierà la gamma di colori per definire le aree del contagio. Tutti invece possiamo dire che la DAD sta creando gravi disagi negli studenti in primis, ma anche nelle famiglie. Che tutti sono concordi nel dire che questa non è scuola, che tutti sono delusi perché bambini e ragazzi, pur avendo rispettato le regole, si ritrovano intrappolati dietro a un monitor.
Infine i nostri ragazzi li vediamo spesso in giro o seduti in gruppi sulle panchine dei parchi, anche di mattina. Quindi, paradossalmente, i contagi che si vorrebbero evitare in classe vengono favoriti all’aperto.
Nello scusarmi per averLe rubato uno spazio di tempo prezioso, soprattutto in una giornata decisiva come quella di oggi, Le rinnovo i miei, anzi i nostri, auguri per il Suo difficile lavoro, nella speranza che possa condividere, almeno in parte, il nostro enorme disagio in questo terribile anno”.