Partiamo da una premessa necessaria. La crisi del commercio nazionale in era Covid è, anche, effetto diretto dell’ultimo decennio. E’ un po’ come per chi si ammala di Coronavirus. La regola non scritta emersa dai numeri della sanità mondiale dice che, se in salute e in età che garantisca una risposta immunitaria più o meno immediata, si può affrontare il virus da asintomatici o cavarsela con qualche acciacco. Ben diversa la prognosi per chi è già indebolito da patologie precedenti.
Per i commercianti il parallelo è a misura di confronto. Le aziende sane, con un capitale di sostegno proprio, accantonato nel corso degli anni, hanno retto diversamente. Hanno retto meglio. Chi navigava a vista, chi arrancava e alternava gli utili alle perdite, si è ritrovato schiacciato sotto il peso delle restrizioni. Come dire: il problema c’era prima.
Il Covid ha esasperato le difficoltà dei nostri commercianti, in alcuni casi li ha messi in ginocchio. Per una saracinesca che si chiude c’è una guerra persa in partenza. Anni di sacrifici, di colpi a ferire.
Detto questo è importante fare riferimento al punto svolta. Al pari di condizione, chi si è staccato dal carro ed è sopravvissuto alla tegola dei vari lockdown?
Più di tutti, i forieri (neanche troppo) del nuovo business mood, lontano dal modello di vendita tradizionale, incentrato sull’online e sullo strumento social.
L’impatto di internet sulla vita degli italiani è evidente dai numeri. Possibilità pressoché infinite, considerate le percentuali di utilizzo: uso da smartworking (il 38,8%), pagamenti (35,7%), corsi online (17,4%), visione film (52,9%), socialità (37,5%), esercizio fisico (18,8%).
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Un impatto ancora maggiore è stato ed è quello legato al commercio. Secondo i dati diffusi da Unioncamere, attraverso l’osservatorio dei Punti Impresa Digitale (PID) delle Camere di Commercio, tra aprile e ottobre 2020 più di 3.600 aziende del settore hanno aperto un canale di vendita online, facendo registrare una crescita del +15,5%.
La rete ha consentito alle attività di aprire virtualmente le porte al pubblico. Il che ha richiesto una sterzata del trend di digitalizzazione comune. Una nuova formazione professionale che ha dato la possibilità a circa un’attività su tre, di lavorare e vendere da remoto. Pensate che e PMI che si sono orientate al’e-commerce nel periodo compreso tra maggio e settembre 2020,
sono aumentate di 4 punti percentuali, mentre quelle che si sono dotate dello strumento dell’e-payment hanno registrato un +5 punti percentuali.
E’ necessario fare tesoro delle implementazioni tecnologiche nell’ottica di una nuova cultura dell’acquisto. Colossi come Amazon e Zalando, spesso sotto accusa, hanno guardato al futuro proiettandolo nel presente. Sono divenuti leader perché sono stati i primi. Vent’anni fa il Covid avrebbe azzerato i numeri delle vendite. On ci sarebbero state le condizioni per garantire un proseguo dell’attività. Oggi quell’impossibilità è tale solo in ragione di una mancanza di know-how. Il che non è accettabile. La padronanza dello strumento tecnologico offre potenzialità di crescita, di cambiamento. Al tempo stesso, però, è anche, necessariamente, un passaggio necessario, quasi propedeutico, per accedere alla nuova era dell’economia 4.0.