La possibilità di rimanere aperti per i ristoratori durante il weekend – secondo i dati di Coldiretti – vale in questo momento l’80% del fatturato settimanale di ristoranti, pizzerie ed agriturismi duramente provati dallo smart working e dalle chiusure forzate che travolgono a valanga interi settori dell’agroalimentare Made in Italy con vino e cibi invenduti per un valore stimato in 9,6 miliardi nel 2020. Per questi motivi l’associazione sta chiedendo con forza di posticipare all’inizio della prossima settimana il cambio dei colori delle regioni, che comporterà per metà Paese il rischio di entrare in zone in cui, per bar e ristoranti, è proibito il servizio al tavolo e al bancone.
In Abruzzo, però, questo pericolo è stato già superato in quanto per bar e ristoranti è consentito solo l’asporto da quando il 14 febbraio la regione è diventata bicolore: da un lato le provincie dell’Aquila e di Teramo (arancioni) dall’altro quelle di Chieti e Pescara (rosse). Il danno del mutamento repentino di colore è stato ingente nel settore della ristorazione che si era preparato sia ad affrontare la giornata di S. Valentino ma aveva ripreso a lavorare, a tentoni, ma a lavorare già dal lunedì precedente, l’8 febbraio.
Tuttavia i danni non si contano solo relativamente alle ultime due settimane, anzi. Da un anno a questa parte la pandemia ha causato un crollo del fatturato del settore di circa il 50%. Tra il boomerang di aperture e chiusure degli ultimi mesi gli operatori del comparto hanno serie difficoltà a lavorare, almeno per coprire le spese, che non sono mai mancate.
Per questo ristoratori abruzzesi, ma anche di altre regioni d’Italia, hanno iniziato a riunirsi per far sentire la propria voce, fare richieste precise al Governo e proposte che garantiscano loro di andare avanti e scongiurare la chiusura.
Tra questi anche alcuni ristoratori di ARIA Food, Associazione ristoratori e produttori abruzzesi, che si sono attivati non solo con lo scopo di sviluppare un protocollo ad hoc sulla ristorazione che tenga conto delle differenze territoriali e demografiche in cui si trova la struttura, ma che hanno fatto anche ricorso al Tar e al Tribunale Civile per opporsi al DPCM e essere risarciti dei danni derivanti dai mancati incassi dovute alle chiusure.
Insieme a loro anche il professore di Diritto Costituzionale dell’Università di Teramo, Enzo di Salvatore che ha sottolineato come sia importante che in questo momento i ristoratori siano uniti e insieme per un unico obiettivo, invitando a partecipare all’iniziativa anche gli operatori del settore non solo del teramano o delle zone limitrofe, ma anche delle altre province d’Abruzzo.
Capofila della class action il presidente di ARiA Food, Valerio Di Mattia che in queste ore ha voluto coinvolgere anche l’ANCI e tutti i sindaci abruzzesi rivolgendo loro un appello significativo.
Il testo dell’appello
“Ad un anno dal primo lockdown emerge in maniera netta come i provvedimenti di restrizione adottati per far fronte alla crisi pandemica abbiano avuto effetti devastanti sul comparto economico della ristorazione pur non riuscendo a risolvere le problematiche sanitarie in corso – scrive Di Mattia – Le reiterate chiusure e l’inattività prolungata al quale viene costretto il comparto imprenditoriale hanno letteralmente affossato le economie del primo settore economico abruzzese per capacità di impiego. Viene condannata ad un crollo certo la principale economia del territorio amministrativo oltremodo ramificata, partecipata da decine di migliaia di famiglie, capace di garantire una estesa stabilità socio-economica essendo stabilmente collegata ad un vasto indotto produttivo e di servizi anch’esso messo in crisi per i medesimi motivi. Siamo dunque giunti al cospetto di una crisi di sistema estesissima, pericolosa e mai paventata dal dopoguerra ad oggi.
Ci rivolgiamo all’Anci, al mondo delle Amministrazioni comunali, ai Sindaci della Regione Abruzzo nella consapevolezza di come si abbia ormai piena coscienza che le norme relative alla ristorazione, emanate attraverso una serie infinita di dpcm, risultino oltremodo penalizzanti e per diversi motivi controproducenti e contraddittorie. Il meccanismo di chiusura/apertura in zona gialla penalizza le imprese della ristorazione tradizionale, già riconvertite ai principi della tutela sanitaria. In zona arancione le aziende riconvertite vengono sottoposte ad un rigido blocco, mentre nel periodo delle riaperture esse si trovano di fronte ad uno scenario confuso, ove molto spesso le condizioni di lavoro borderline incompatibili ai dettami della sicurezza epidemiologica (tipo Movida), pur rappresentando un esiguo segmento del comparto, determinano le scelte di ritorno immediato al blocco. Anche in questo caso la ristorazione tradizionale sconta la reiterazione della chiusura pena l’appartenenza ad un comparto unico e indistinto. La normativa non è aderente alla realtà delle cose, è carente rispetto alle necessità sanitarie ed è incapace di garantire le economie fondamentali della ristorazione presenti ed oltremodo diffuse sul territorio.
Per questi ed altri motivi abbiamo chiesto un riequilibrio della normativa, avanzando proposte concrete ed utili a superare il momento drammatico, ripristinando le attività lavorative e collegandole ad un chiaro quadro giuridico finalizzato alla sicurezza sanitaria. Appare doveroso oggi partecipare ad una comune riflessione per restituire fiducia a centinaia di migliaia di famiglie in Italia e nella nostra Regione, i cui destini prossimi vengono ormai drammaticamente collocati nelle condizioni della precarietà sociale. Non possiamo permettere che ciò avvenga, evitando di far nascere attraverso un lavoro comune sistemi di contenimento del virus realmente efficaci e in equilibrio con i diritti costituzionali garantiti ai cittadini, tra i quali i diritti economici e il diritto al lavoro. Chiediamo che l’Anci sieda al fianco dei cittadini ristoratori garantendo il proprio prezioso contributo volto a ripristinare la salvezza delle economie del comparto e la sicurezza sanitaria quali diritti fondamentali delle nostre comunità”.
Per i ristoratori che volessero mettersi in contatto con ARIA Food e aderire alla loro iniziativa è possibile scrivere a info@ariafood.it o chiamare il numero 347 530 8206.