Clubhouse è il social network del momento, ma anche dei fenomeni più discussi degli ultimi giorni. L’app, basata esclusivamente sullo scambio di messaggi vocali, spopola tra i giovani e non solo. Sono sempre di più, infatti, le grandi aziende che lo utilizzano per interagire con i propri clienti. Burger King, il famoso colosso di ristorazione fast food, sarà la prima multinazionale a sfruttare il potenziale di Clubhouse. “È nuovo. Proviamo. Sono un grande fan di Clubhouse. È una nuova piattaforma che stiamo ancora imparando e tentando di conoscere, per capire come sfruttarla. È molto autentica, molto reale, molto onesta. Le persone presenti sul social sembrano creare ottimi contenuti. Quindi non c’è da meravigliarsi che ci siano così tanti esperti del settore”. Con queste parole Fernando Machado, Global Chief Marketing Officer RBI,casa madre di Burger King, Popeyes e Tim Hortons, ha svelato su LinkedIn la creazione della room “Open Kitchen” in collaborazione con “Restaurant Brands International”, dedicata al dialogo con i propri clienti.
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Le attenzioni, non solo dei consumatori ordinari sono, ovviamente, per le potenzialità insite e parzialmente svelate di Clubhouse. C’è però il rovescio della medaglia, rappresentato dal fatto che stanno sorgendo dubbi e i problemi relativi alla vulnerabilità della sicurezza informatica della app. La quale, secondo i suoi accusatori, metterebbe a serio rischio la privacy di chi con essa opera e chatta. Fra coloro che alzano l’attenzione su tali rischi vi è lo Stanford Internet Observatory. Come riportato dall’Ansa, i dati che Clubhouse veicola confluiscono nella società cinese Agorà. Questa, avendo sede a Shangai, potrebbe essere soggetta a controlli e accessi da parte del governo il quale, proprio la settimana addietro, ha interdetto l’utilizzo della app ai cittadini.
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Sul banco d’accusa anche la crittografia obsoleta di Clubhouse che consentirebbe, con grande, troppa facilità, la possibilità di intercettare, registrare, immagazzinare le chat e, quindi, i messaggi vocali scambiati tra gli utenti. “Abbiamo stabilito che il numero ID univoco di un utente viene trasmesso in chiaro e che Agora avrebbe probabilmente accesso all’audio grezzo degli utenti, fornendo potenzialmente l’accesso al governo cinese. Le falle nella sicurezza scoperte sono state divulgate privatamente a Clubhouse e verranno rese pubbliche quando saranno corrette o dopo una scadenza prestabilita”, hanno provato a spiegare i ricercatori dello Stanford Internet Observatory. Il fatto anche Elon Musk sia entrato nella app, però, ha dato un’ulteriore spinta a Clubhouse in termini di visibilità. Dettaglio, questo, non da poco, se si considera che per scontrarsi contro un colosso del genere dovranno essere scomodati ben più di semplici influencer.
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Dati, dunque, a forte rischio. Anche il Garante della privacy italiana si è mosso facendo richiesta formale a Clubhouse di essere portato a conoscenza della normativa relativa al trattamento dei dati personali degli utenti. Non solo per avere maggiore contezza circa le modalità che mandano avanti la app, ma anche per risolvere i dubbi sulla privacy che circolano attorno alla stessa. Il Garante ha sollecito la Alpha Exploration (cioè la compagnia che gestisce il nuovo social network) di fare immediata e repentina chiarezza sulle modalità con le quali si tutelano i dati e la privacy di coloro che utilizzano le stanze di Clubhouse per parlare. Anche se la app non ha ancora attecchito in Italia il suo successo è destinato ad aumentare fino a diventare esponenziale. Basterà che qualche personaggio famoso – non chiamiamoli sempre influencer, per favore – lo scaricherà, rendendo noti i propri movimenti, affinché il boom sarà definitivo. Quindi, per una volta, potremmo essere tra i primi a prevenire anziché curare…