L’Aquila. Sono trascorsi cinque anni da quando l’elisoccorso del 118 precipitò nei pressi di Monte Cefalone, a Campo Felice, causando la morte delle sei persone a bordo. Era il 24 gennaio 2017 e l’Abruzzo, già provato dal terremoto e dalla valanga che aveva distrutto l’hotel Rigopiano a Farindola, avrebbe dovuto fare i conti con un’altra tragedia. La nostra terra non avrebbe, poi, potuto sapere che a distanza di quattro anni, altri quattro amici della montagna sarebbero stati vittime, sul Monte Velino, della furia della neve e del maltempo.
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Quel martedì di gennaio di cinque anni fa il 50enne Ettore Palanca, turista romano, si infortunò sulle piste da sci di Campo Felice. Subito si alzò in volo un elicottero per trarlo in salvo ed elitrasportarlo all’ospedale San Salvatore dell’Aquila. A bordo il dottor Walter Bucci, l’infermiere Giuseppe Serpetti, il tecnico di bordo Mario Matrella, Davide De Carolis, tecnico del soccorso alpino, e il pilota Gianmarco Zavoli. Due di loro, il dottor Bucci e il tecnico De Carolis, erano stati tra i soccorsi a Rigopiano e per un caso fortuito, un cambio turno, si ritrovarono a lavoro su quell’elicottero.

Tratto in salvo Ettore Palanca, il velivolo decollò diretto al vicino nosocomio, ma di lì a qualche secondo precipitò, ad un un’altezza di circa 600 metri. La scena che Vigili del Fuoco e squadre del Soccorso Alpino si trovarono davanti fu impressionante. L’elicottero AW139 era quasi completamente a pezzi: disintegrate la coda del velivolo e la fusoliera. I rottami si trovavano in un canalone nei pressi di Casamaina, nel territorio di Lucoli. I soccorritori, ostacolati da nebbia e neve, furono costretti a raggiungere l’area a piedi. A distanza di 500 metri riferirono che il mezzo era distrutto e lo trovarono solo grazia all’ausilio degli infrarossi. Le salme, a causa della complessità dell’incidente, furono recuperate con due gatti delle nevi.
L’inchiesta, archiviata nel dicembre del 2018, accertò che l’incidente fu causato dalla scarsa visibilità e a causa della fitta nebbia e delle nuvole basse. L’unica responsabilità rintracciabile per le sei vite perse nell’incidente fu, secondo i magistrati, ascrivibile al pilota deceduto nello schianto. “La scelta di proseguire il volo nonostante la scarsa visibilità e l’omesso utilizzo della strumentazione in dotazione all’aeromobile, e la manovra effettuata dopo aver perso il contatto con il suolo, sono state da sole sufficienti a determinare l’evento“, scrissero i magistrati.
Tante le iniziative e le manifestazioni che nel corso degli anni hano reso omaggio alle sei vittime del tragico incidente. Dopo cinque mesi dall’evento la giunta comunale dell’Aquila dedicò a loro l’intitolazione della piazza, davanti al monumento ai caduti alla Villa comunale, Largo Caduti del Soccorso. Il Cnsas (Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico), invece, attivò una raccolta fondi proprio per supportare concretamente le famiglie delle vittime dell’equipaggio dell’elicottero.

Sul luogo dell’incidente fu posta anche una fontana grazie alla collaborazione tra i tecnici del Cnsas, l’Associazione aquilana “Corridori del Cielo”, del 118 e le ditte Unirest e Sarra Marmi, che hanno restaurato un’antica fonte, “Fonte Cefalone”, dedicata all’equipaggio, con incisi i nomi e una frase in ricordo dell’incidente: “Più forte del loro coraggio fu la nebbia”.
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Anche quest’anno, nonostante le restrizione dovute al Covid – 19, ci saranno momenti di ricordo di quel tragico 24 gennaio. Il personale del 118 dell’ospedale San Salvatore ha organizzato, alle 11 di oggi, una messa presso la chiesa di Coppito in ricordo delle vittime, che sarà presieduta da Mons. Antonio D’Angelo, Vescovo ausiliario. Concelebreranno Don Giuseppe e Padre Luciano. Essa sarà animata dal coro del Club Alpino Italiano, diretto dal Maestro Giulio Gianfelice.