“Dio da Dio, luce da luce…”. perché secondo il Vangelo la luce è elemento chiave per concepire Dio come “mistero di amore, di verità, di pace, di eternità, di sublimità, di amore”. E allora la luce è l’unico vero elemento artistico che faccia la differenza agli occhi dell’osservatore. Bianchi e ombre a infondere messaggi profondamente intimistici, a dare delicatezza alla struttura, a schiarire il presbiterio. E poi l’essenzialità professata e resa dall’artista nel rispetto dello stile e del rigore della Chiesa, senza cadere nel superfluo.
Avezzano e la sua Cattedrale si offrono al genio di Alberto Cicerone per dare nuova vita al principale luogo di culto cristiano della diocesi. Un artista straordinario, il cui talento è stato riconosciuto ed apprezzato da due pontefici: Benedetto XVI e Francesco. Il suo modo di dialogare con il Creatore attraverso la creazione artistica è un segnale terreno del legame tra l’uomo e Dio. Il suo essere un “costruttore di bellezza” passa attraverso una profonda vocazione cristiana, ed è proprio in ambito sacro che Cicerone dà libero sfogo ad un’ispirazione ordinata, studiata.
I lavori di adeguamento liturgico dell’intera porzione del presbiterio, a partire dai tre scalini dai quali si sviluppa la liturgia della Cattedrale, furono annunciati al termine del 2019. Prevedevano l’ampliamento della zona antistante l’altare e quindi uno stravolgimento planimetrico che difficilmente sarebbe passato inosservato al colpo d’occhio dei fedeli. “Ho cercato di inserirmi in questo spazio con delicatezza e rispetto, cercando di nascondere il cambiamento. Non volevo dare l’idea di un intervento violento”, ha spiegato l’artista. Il progetto ha riguardato la collocazione di 5 componenti: l’altare, l’ambone, il candelabro del cero pasquale. la sede in marmo del parroco che presiede la Cattedrale e quella del Vescovo (quest’ultima non ancora portata a compimento).

Adeguamento liturgico: modifica senza interferenza
Che la sacralità del luogo non fosse intaccata. Che le modifiche si inserissero con senso di appartenenza. Che guardando il quadro d’insieme, il quadro stesso parlasse di Dio, non dell’artista, non di questa comunità, non di questo specifico tempo. Propositi, forse di più. Dogmi che l’artista si è imposto durante la fase creativa.
“Quando si lavora per nostro Signore – spiega Cicerone – si fa una fatica enorme. Mi devo educare ogni volta a non parlare di me stesso, ma solo di Cristo. Le mie opere raggiungono le aspettative quando il loro incontro con l’osservatore è un incontro col Creatore”. L’impronta che ha voluto imprimere si rifà alla necessità di anteporre l’amor pleni all’horror vacui. Non c’è timore del vuoto, né l’esigenza di riempire i vuoti dell’arte come quelli delle nostre esigenze. L’opera finale è la più alta espressione della completezza attraverso l’essenzialità e “la sola pienezza degli elementi floreali consente di colmare i vuoti attraverso l’amore”, spiega Alberto Cicerone.
Finanziamento dell’opera: mecenatismo in chiave moderna
“Ho sperimentato con Don Claide, il parroco della Cattedrale, qualcosa di molto simile alle arcaiche pratiche mecenatisctiche. Così come accadeva nel XV secolo all’interno delle cattedrali, otto famiglie avezzanesi, spinte da una forte sensibilità cristiana, hanno finanziato i lavori di ristrutturazione”, prosegue l’artista. Nel 2020 l’avvio del progetto dopo il parere positivo della Soprintendenza. Lo scorso ottobre la consegna dell’ambone; poi a seguire il candelabro e l’altare, che ha richiesto una particolare procedura di trasporto e di installazione attraverso una gru con braccio posizionata in Piazza Risorgimento.
Tra le curiosità legate a quest’opera, risalta il fatto di essere stata creata a cavallo di un avvicendamento vescovile. Ha quindi coinvolto sia il Vescovo Santoro, che ne ha dato il via libera, che il Vescovo Massaro, il quale si appresta a consacrare il nuovo altare.

Arredi liturgici: i primi nella storia in porcellana di Capodimonte
Cicerone ha dovuto ricercare gli stessi materiali della scena, lo stesso marmo di Carrara del ciborio, dell’altare antico e di alcune componenti degli altari laterali. Ha poi sperimentato l’applicazione di elementi floreali, marchio di fabbrica dell’artista. Le begonie e i fiori dell’incenso. Ma non solo. Ogni fiore ha il suo significato, fa parte di una tradizione ed è raccontato nelle sculture sacre, nei dipinti. “Le fioriture mi appassionano. Raccontano bene il creato, sono quegli elementi che ti fanno avvicinare alla bellezza di Dio, del Creatore. Restituiscono una bellezza straordinaria. Ho adottato una tecnica di lavorazione in disuso della porcellana di Capodimonte. Anni fa conobbi Antonio Fullin Mollica, maestro artigiano. Ho collaborato con lui per il progetto della Cattedrale. Ho scelto di mettermi in difficoltà creando elementi molto grandi attraverso una manualità che solitamente si utilizza per opere molto più piccole”. Di fatto, questi sono i primi arredi liturgici nella storia realizzati in porcellana di Capodimonte.

Alberto Cicerone: la cristianità dono dell’artista e viceversa
Emerge una fortissima tempra cristiana dalle parole dell’artista. Una fede matura, coinvolgente, totalizzante. Un monito ad agire, una guida costante. C’è un concetto caro ad Alberto Cicerone. “Benedetto XVI diceva che la differenza tra un cristiano e un non cristiano risiede in quell’incontro che determina il proprio orizzonte. Se un cristiano incontra Cristo cerca di mettere in pratica gli insegnamenti che ci ha lasciato, riuscendoci oppure no, ma senza demordere”.
Cicerone nel 2008 fu ammesso ad un master in Architettura, Arte Sacra e Liturgia voluto da Benedetto XVI, istituito al fine di formare professionisti, tecnici e operatori culturali, consentendo loro di assimilare e condividere la preoccupazione della Chiesa di comunicare Cristo all’uomo, traducendola adeguatamente in forme funzionali ed artistiche. Compì i suoi studi da primo della classe e dimostrò di possedere uno straordinario genio artistico, attorno al quale l’abito sacro della cristianità era cucito su misura.
Le opere di Cicerone assieme a Michelangelo nella Cappella Sistina
Terminati gli studi con il massimo dei voti e con lode accademica, nel 2011 ad Alberto Cicerone fu proposto di presentare i propri disegni tra quelli che avrebbero concorso alla creazione del primo ed unico fonte battesimale realizzato su commissione per la Cappella Sistina, in occasione del suo 500esimo anniversario di vita. Per la prima volta dopo 5 secoli un artista sarebbe entrato all’interno del più importante tesoro culturale e artistico della Città del Vaticano.
Fu proprio lui a catturare le attenzioni di Benedetto XVI, lui ad ottenere la concessione dei lavori, lui a mettere la firma accanto a quelle, tra gli altri, di Michelangelo, Pinturicchio e Botticelli. Arrivò li dove tutti vorrebbero ma nessuno può, dove il sogno che alimenta e motiva il sacrificio trova il compimento. Al termine dei lavori (che riguardarono il fonte battesimale, il candelabro per il cero pasquale e l’ambone), Alberto Cicerone e suo figlio furono ricevuti in udienza privata dal papa a Castel Gandolfo. “Il fonte è bellissimo. Questo mi disse sua santità, uno dei più grandi teologi della storia della Chiesa, guardandomi negli occhi. Non so spiegare cosa ho provato in quel momento”.
Vittorio Sgarbi al termine dei lavori gli disse “Preparati perché ora puoi solo scendere”. Immaginate di toccare il cielo e sapere che la vista non sarà più la stessa. Quando crea, Cicerone reinventa una nuova versione di se stesso, una versione mai appagata. “Non devo abbassare il tono. Non lavoro per me stesso, lavoro per Dio. Mi carico di motivazioni, lavoro, dormo, dimagrisco. Mi dedico anima e corpo al mio lavoro, so di avere una grande responsabilità. La mia arte mi porta ad espormi ed esporsi non è mai una passeggiata”, ha concluso Cicerone.
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