La previsione è spietata, 2.800 imprese italiane falliranno entro il 2022. Il dato, reso noto dagli analisti e dai ricercatori della Banca d’Italia, tiene in considerazione gli effetti che la pandemia ha avuto sul Pil italiano nel 2020. Un anno che, sotto il profilo economico, tranne che per alcune realtà privilegiate appartenenti a quei settori che hanno comunque lavorato con continuità, è stato terribile. Per molti un anno zero, per altri un anno di rinnovati investimenti, per altri ancora un’annata di totale cambio di direzione rispetto a percorso imprenditoriale avviato precedentemente all’anno che si è appena concluso.
C’è di più. Sempre secondo coloro che hanno condotto questa indagine, sono 3.700 le aziende che rischiano la chiusura. Sono quelle che per gli effetti temporanei della moratoria e delle politiche dell’esecutivo guidato dall’ex premier Giuseppe Conte, hanno in qualche maniera scongiurato la bancarotta ma non sono totalmente uscite dalla crisi che, pertanto, potrebbe ripresentarsi se questo 2021 non dovesse presentare la tanto auspicata svolta. Gli stessi che hanno elaborato questi dati, però, invitano alla prudenza: “da un lato, potrebbero essere sottostimate, nella misura in cui la caduta eccezionale del Pil comporterà un aumento maggiore di fallimenti rispetto a quanto stimato da precedenti fasi recessive; dall’altro lato, potrebbero essere sovrastimate se le misure di sostegno adottate e l’intensità della ripresa economica saranno capaci di aiutare le imprese a fronteggiare la difficile fase congiunturale”, dichiarano.
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Tutto dipende da questo 2021, insomma. Dalle politiche che l’esecutivo in carica saprà mettere sul piatto, dai soldi derivanti dal Recovery Fund e da come la pandemia proseguirà il suo corso. Un’annata come quella alle spalle non sembra potersi ripetere, anche perché c’è maggiore consapevolezza della malattia e ci sono più modi per affrontarla, vaccini in primis. L’economia deve ripartire ma è pur vero che rispetto alla primavera del 2020, solo parte di essa si è fermata. Vaccini, piano economica e, perché no, anche un pizzico di fortuna, questi gli ingredienti per evitare lo scenario peggiore.
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